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VOTO CIRO E LA MERITOCRAZIA

26.03.2014 | 15:30

Si chiama Ciro, ma il cognome tradisce. Perché dicendo Immobile penseresti a un calciatore pigro, statico, impreciso e insicuro. L’esatto contrario: Ciro è un bravo ragazzo e un attaccante fortissimo, mobile, devastante. L’esatto contrario perché non offre riferimenti, si muove su tutto il fronte, quando può gioca anche per la squadra. E colpisce: il gol dell’Olimpico un autentico capolavoro. Telecomandato il lancio di Vives, ma per uno che di solito privilegia il destro non deve esser stato facile colpire di sinistro e beccare l’angolo opposto. Una prodezza, una magia, un babà. L’ottimo De Sanctis ha rivolto lo sguardo verso la porta e ha capito di non avere più mezza possibilità di intervento.


Immobile è vento fresco, aria salubre di montagna, a pochi mesi dal Mondiale. Da diverse settimane, in qualsiasi trasmissione, mi batto perché possa essere inserito nel gruppo degli eletti di Prandelli. Eppure spesso in cambio ricevo perplessità, remore, timori. Evidentemente non bastano 17 gol, senza rigori, per ottenere la patente e non un semplice foglio rosa. Evidentemente siamo in Italia dove a 24 anni in qualche caso vieni considerato ancora troppo giovane e troppo acerbo (?), mentre da altre parti hanno già collezionato 50 o 60 presenze in Nazionale. 


E’ giusto soffermarsi su Cassano e Totti, ci sono i nostalgici di Toni e quelli che ammirano Gilardino. Non ci piove sul fatto che Balotelli debba essere un pilastro, che Osvaldo vada tenuto in considerazione e che un Rossi recuperato sarebbe una Pepita e non semplicemente Pepito. Ma poi ci sono le sentenze del campionato, figlie di mesi e mesi trascorsi lavorando duro e portando sempre a casa il risultato. Ipotesi: se Immobile fosse capocannoniere con 25 gol, ho fatto un esempio, potrebbe restare a spasso e guardare il Brasile dalla tv? Non sarebbe giusto. Anche perché lui ha fatto di tutto per rimettersi in gioco: era reduce da una stagione in chiaroscuro con il Genoa, ha voluto scegliere la soluzione sulla carta migliore. E ha capito che con Ventura più Cerci il suo destino sarebbe stato in buone mani. Ciro cuore Toro, Ciro cuore nello zucchero per le soddisfazioni che sta accumulando. Ai tempi del Pescara il suo mentore era Insigne con la proficua collaborazione di Verratti, adesso ha trovato nuovi partner. E ha soprattutto lanciato il made in Italy del gol: fateci caso, il repertorio è completo, la gemma di ieri sera in casa di Totti (una prodezza alla Totti) non è altro che l’ennesima conferma di un talento infinito. Immobile è nato per cercare e inquadrare la porta, ma nel tempo ha acquisito una maturazione tale da farlo diventare non un semplice egoista da ultimi venti metri. Ammesso e non concesso che essere egoisti per un attaccante sia un difetto.


A Ciro auguriamo altri otto di questi messaggi, da qui alla fine del campionato. Sarebbero gigantografie: senza rigori, puri e immacolati, al netto di qualsiasi soluzione a bocce ferme. Salirebbe a quota 25, magari se la giocherebbe fino in fondo con Carlitos Tevez per il trono di re del gol. E a quel punto Prandelli inevitabilmente gli dovrà fare un fischio, quello che magari autorizza a preparare la valigia per il Brasile. Anche gli estimatori di altri partiti calcistici, senza alcuna remora, dovrebbero togliersi il cappello. E mormorare: silenzio, passa Immobile, il trionfo della meritocrazia.