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TROY DEENEY, GIOIE E DOLORI IN SALSA WATFORD

27.12.2015 | 11:32

Se dovessimo riassumere le partite più pazze e spettacolari nella storia recente del Watford, ci basterebbe un semplice nome e cognome: Troy Deeney. Lui, l’attaccante inglese classe 1988 che da cinque stagioni milita nel club di proprietà della famiglia Pozzo e che con questa maglia sullo sfondo ha assaporato le gioie e i dolori più grandi, dentro e fuori dal rettangolo verde. Ieri, l’ultimo sorriso: la rete su rigore a Stamford Bridge, valida per il provvisorio 1-1 e decisiva per il 2-2 finale contro il nuovo Chelsea di Hiddink. Un pari preziosissimo, valso l’aggancio al Manchester United a quota 29 al sesto posto in classifica, a conferma di un campionato fin qui sopra le righe. Lo stesso Manchester United che lo scorso 21 novembre regalò a Troy e ai suoi tifosi un sorriso e un’amarezza, proprio com’è sempre stato nel suo stile. Prima il gol del pareggio all’87’, poi la sfortunata deviazione nella propria porta in pieno recupero su cross di Schweinsteiger. Poco male, il vero regalo lo aveva confezionato sugli spalti con i sei biglietti regalati agli ex compagni di cella e alle loro famiglie per assistere in tribuna alla partita. Ogni promessa – si sa – è un debito. “Quando giocherò contro il Manchester United, vi porterò allo stadio”, aveva giurato loro. Detto, fatto. “La mia carriera avrebbe potuto prendere una brutta piega, ma io proprio nei giorni trascorsi in cella avevo deciso che una volta tornato in campo avrei spaccato il mondo. Sapevo che sarei riuscito a giocare almeno una volta contro lo United. Non sapevo con quale maglia, ma ero sicuro: avrei mantenuto la promessa”. La maglia, alla fine, è stata sempre la stessa. Già, perché nonostante i dieci mesi di carcere a cui fu condannato il 25 giugno del 2012 (alla fine ne scontò solo tre) a causa di una rissa andata in scena quattro mesi prima a Birmingham, sua città natale (spinse uno studente per strada e lo prese a calci, poi aggredì un agente di polizia, mandandolo all’ospedale), il Watford gli concesse la possibilità di un riscatto immediato, di riprendersi in mano la sua vita, seppur con un braccialetto elettronico e in condizioni di semi-libertà. Un po’ per l’abuso di alcool, un po’ per la scomparsa del padre per colpa di un cancro fulminante, dal baratro della sua vita e della sua carriera ecco arrivare un imponente fascio di luce e di speranza.


Ed è proprio in quell’anno che le strade di Deeney e di Gianfranco Zola si incrociano. Loro ancora non lo sanno, ma al termine di quella stagione saranno i protagonisti di una delle gare più incredibili nella storia di questo sport. E’ il 13 maggio 2013 e al Vicarage Road gli Hornets stanno per riporre le armi al cospetto di un Leicester che, dopo il successo per 1-0 all’andata, ha la possibilità di pareggiare 2-2 al 97′ su rigore (per un fallo dell’ex romanista Cassetti) e di regalarsi così la finale playoff di Championship, evitando i supplementari (lì non vale la regola del gol fuori casa). Ma dal dischetto Knockaerts si fa ipnotizzare da Almunia. Extra time? Macché. Contropiede letale orchestrato dall’ex Udinese Abdi, lancio della disperazione in area e destro vincente all’ultimo respiro. Di chi? Ovviamente di Troy Deeney, che non perde occasione di andare a tuffarsi tra i propri tifosi per festeggiare una delle marcature più importanti da quando indossa quella maglia. Alla fine il Crystal Palace si imporrà per 1-0 nell’ultimo atto, ma il traguardo-sogno di nome Premier League non tarderà così tanto: due anni dopo e con 45 centri in più, Deeney trascinerà da capitano la sua squadra tra le più grandi del calcio inglese. Magic Box lo aveva sempre sostenuto: “E’ sprecato in Championship, merita ben altri palcoscenici”. La sua struttura fisica (183 centimetri per 90 chilogrammi), associata a un discreto tiro, un’ottima elevazione e un letale killer instinct sotto porta, ne fanno adesso uno dei centravanti più apprezzati d’oltremanica. Le sei marcature messe a referto finora in Premier ne sono la prova schiacciante. Sei, come i biglietti regalati ai suoi ex compagni di cella a Manchester, quando il mondo era alla rovescia e la vita sembrava non dovesse più regalargli l’ebbrezza del grande calcio. Ripensare ora a quei momenti non può che fargli spuntare un sorrisetto. Rigorosamente al sapore di revenge


Foto: Watford on Twitter