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SERGIO RAMOS PER LA DECIMA

30.04.2014 | 10:30

Nome: Sergio. Cognome: Ramos Garcia. Professione: difensore. Segni particolari: tessitore di sogni. Anzi del sogno: la tanto agognata decima Coppa dei Campioni, che i primatisti del Madrid inseguono dal 2002, da quando Zinedine Zidane trafisse il portiere del Bayer Leverkusen Butt con la volée perfetta (sinistro da antologia, in splendida coordinazione, sotto la traversa), entrato di diritto in qualsivoglia dvd sul bello del calcio.

C’è un doppio autografo del difensore goleador nel clamoroso poker con il quale il Real ha umiliato, a domicilio, i campioni uscenti del Bayern Monaco. In tanti pensavano che i bavaresi sarebbero riusciti a ribaltare l’1-0 del Santiago Bernabeu e invece, a cavallo tra il 15′ e il 20′ del primo tempo, l’uno-due aereo di Ramos su palla inattiva ha fatto calare il gelo sull’Allianz Arena, spianando alle Merengues la strada verso Lisbona prima che Cristiano Ronaldo (da ieri sera recordman di reti in una singola annata,16) rimuovesse con un’altra doppietta i pochi dubbi residui. Un’opera d’arte griffata Carlo Ancelotti, l’hombre tranquillo, quella di ieri sera. La maestria tattica dell’allenatore di Correggio ha disinnescato agevolmente il tiki taka di Pep Guardiola, uno che di dispiaceri ai madridisti ne aveva dati tanti ai tempi del Barcellona. Entrambi avevano già vinto due Coppe dalle grandi orecchie, ma nello scontro diretto l’ha spuntata l’italiano, che adesso nella finale del 24 maggio potrebbe incrociare un pari rango alla ricerca del tris, José Mourinho.

Già, proprio lo Special One che Florentino Perez aveva chiamato nel 2010 per inseguire il trofeo numero 10. Il tecnico di Setubal in tre anni non c’è riuscito, fermandosi sempre alle semifinali e facendosi mandar via anche per aver rotto con alcuni senatori, tra cui lo stesso Ramos. Se Ancelotti centrasse  l’impresa al primo tentativo – contro di lui poi – la beffa sarebbe quasi oltraggiosa. Guardando l’altra faccia della medaglia, se invece fosse il portoghese a scippare la decima ai Blancos, la soddisfazione sarebbe tripla e l’ego di Mou travalicherebbe i confini del pianeta terra, anche perché in Spagna di certo non lo amano. Discorsi forse un po’ prematuri, dal momento che intanto il Chelsea dovrà fare i conti con l’Atletico Madrid dell’oste Diego Simeone, un signore capace di eliminare il Barça facendo a meno di Diego Costa per 150 minuti su 180. Insomma, il copione di questa edizione sembra scritto da uno sceneggiatore da Oscar.

Abbiamo divagato sin troppo, ma gli spunti offerti dal duttile specialista iberico meritavano un approfondimento. Tornando al nostro personaggio del giorno, preceduto dalla sua stessa fama, Sergio nasce a Camas, in Andalusia, il 30 marzo del 1986 e dopo aver mosso i primi passi nella compagine locale cresce calcisticamente nella cantera del Siviglia che – avendolo apprezzato ai tempi della filial Atletico Sevilla – lo fa debuttare in prima squadra, all’età di 17 anni con Caparros al timone, l’1 febbraio del 2004 in occasione di una sfortunata trasferta al Riazor di La Coruna contro il Deportivo. A dispetto della giovane età il ragazzo ruba subito la scena, disimpegnandosi nella Liga con i colpi del fuoriclasse e la personalità del veterano. Non a caso, dopo 50 partite disputate all’ombra del Sánchez Pizjuán, il Real Madrid rompe gli indugi e, pagandolo a peso d’oro (27 milioni di euro), lo porta a Valdebebas ufficializzandone l’acquisto il 31 agosto del 2005, pochi mesi dopo l’esordio del giovane in Nazionale maggiore.

La sua epopea con la camiseta merengue fin qui fa registrare 398 presenze e ben 45 gol, certo non pochi per un centrale in grado di rendere benissimo anche da terzino destro: tempi dell’inserimento ed eccellenza sulle palle alte, queste le chiavi di lettura dell’invidiabile score sotto porta. All’interno dei confini nazionali Sergio Ramos ha vinto tutto: 3 Liga, 2 Coppe del Re e altrettante Supercoppe, zero invece i successi internazionali.

Naturalmente a livello di club, perché l’eco del Triplete centrato dalla Roja (agli ordini di Aragonés nel primo Europeo e di Del Bosque poi) risuona ancora nitido ed attuale: la Spagna – con la quale il baluardo ha già collezionato 113 apparizioni – è campione in carica di tutto e anche in vista della prossima kermesse iridata, in programma in Brasile fra meno di 2 mesi, rientra assolutamente tra le favoritissime, unitamente alla Seleção.

Ma prima la colonna della Casa Blanca deve pensare al Madrid: in campionato non tutto è perduto, anche se l’Atletico è ormai lanciatissimo e potrebbe realmente spezzare lo storico duopolio, ma nei prossimi 24 giorni la testa andrà soprattutto alla musichetta di Händel, le cui note si diffonderanno all’interno dello stadio Da Luz. Per la storia, per il sogno di un popolo intero che non vede l’ora di invadere Puerta del Sol, brindando con ettolitri di sangria.