Ultimo aggiornamento: martedi' 30 aprile 2024 11:45

SEEDORF NON È UN ALIBI

12.05.2014 | 00:40

Adesso che il Milan è (quasi) fuori dall’Europa, anche quella secondaria, sarebbe bene non indugiare troppo sulla vicenda Clarence Seedorf. E di evitare labiali imbarazzanti, si capisce da Pantelleria che la storia è finita. Inutile stare a sottilizzare dopo le parole di Silvio Berlusconi, l’unico che lo aveva voluto e l’unico che avrebbe potuto tutelarlo. Invece, abbastanza incredibilmente, l’avventura dell’olandese è già ai titoli di coda. Se non avesse accettato di anticipare la sua era da allenatore in rossonero, adesso sarebbe sul punto di rilevare, senza rischi o timori. Invece, ha deciso di anticipare pensando (male) che nessun tipo di risultato negativo avrebbe potuto compromettere il suo lavoro. Doveva essere, sulla carta, una fase di apprendistato in modo da preparare la stagione 2014-2015. Invece, siamo agli antipodi. E soltanto un brusco – oggi imprevedibile – cambio di umori potrebbe ribaltare una situazione ormai fin troppo chiara. Mancano soltanto gli annunci: ciao Clarence, ti hanno nominato. Anzi, ti hanno già scaricato.

Troppo più importante che la vicenda Seedorf non diventi un alibi. Anzi, se guardiamo la classifica rispetto al giorno del suo avvento e delle ultime ceneri di Allegri la situazione è nettamente migliorata. Sarà un gettone di consolazione, in fondo lo è, ma non si tratta sicuramente del motivo predominante. La spiegazione è un’altra: dopo essersi fregiato del titolo di club più titolato al mondo, il Milan si ritrova fuori dall’Europa. “Può anche succedere”, ripete Galliani (godendo di molta stampa amica) che per consolarsi elenca i piazzamenti degli ultimi anni, le qualificazioni in Champions rivelatesi poi una presenza fugace, annessi e connessi i tentativi di giustificare il momento abbastanza nero.

La verità è che il Milan si trova a fare un anno dopo quanto avrebbe dovuto organizzare nell’estate del 2013. Quando confermò un allenatore (Allegri) in presenza di una volontà presidenziale opposta al Galliani-pensiero. Erano già settimane difficili, figlie di tanti addii a parametro zero, ma almeno sulla vicenda panchina bisognava essere più chiari e meno improvvisatori. Galliani è un eccellente dirigente, non lo scopriamo certo a metà maggio, ma certe volte si innamora e si intestardisce nel portare avanti situazioni che dovrebbero andare in archivio. Il Milan senza Europa è un fallimento, bisogna essere sinceri, perché figlio di strategie tecniche completamente sbagliate. Di un mercato frammentario: è vero che non esiste più un budget in casa rossonera, ma è anche vero che non si può arrivare a distanze siderali dalle prime tre. Ora le valutazioni devono essere chiare e rapide. La prima: è vero che soltanto con un partner facoltoso si può provvedere a investimenti all’altezza della storia del club? Sarebbe il caso di chiarire quest’aspetto, magari concedendosi qualche altra settimana di riflessione se dovesse servire per capire come muoversi. E soprattutto per stabilire eventualmente con chi muoversi.

Morale: una stagione può essere bucata, capita nelle migliori famiglie calcistiche, a costo di rinunciare alla musichetta della Champions e addirittura a qualsiasi scorciatoia che porta in Europa. Forse ha ragione chi sostiene che un anno senza impegni fuori dalle frontiere (ancora non è ufficiale, ma quasi…) possa servire per programmare e ripartire. L’importante è che tutto questo venga fatto alla larga da un eventuale alibi Seedorf. Perché Clarence non è un alibi, al massimo è l’ennesimo – goffo – equivoco. Non degno del Milan tutto d’un pezzo abituato a ben altro. E che ora ha un solo dovere: parlare chiaro alla gente, tanta gente, con il rossonero nel cuore.