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O REI DI TUTTI NOI

30.12.2022 | 14:45

Il calcio si inchina al Re. All’età di 82 anni, Edson Arantes do Nascimiento, meglio noto come Pelé, ha lasciato questo mondo. La leggenda del calcio, ormai malato da tempo, ha chiuso gli occhi in eterno, per far vivere per sempre il suo mito. “O Rei”, ha scritto pagine indissolubili del calcio Mondiale, contribuendo all’ampio risalto mediatico di questo sport.
E’ il Calciatore del Secolo per la FIFA, per il Comitato Olimpico Internazionale e per l’International Federation of Football History & Statistics (IFFHS), nonché Pallone d’oro FIFA del secolo, votato dai precedenti vincitori del Pallone d’oro.  Successivamente ha ricevuto, unico calciatore al mondo, il Pallone d’oro FIFA onorario.
Unico calciatore a vincere 3 Mondiali di calcio (all’epoca ancora chiamati Coppa Rimet), nel 1958, 1962 e 1970. Con le sue gesta ha contribuito a migliorare la condizione sociale di un popolo, quello brasiliano, che negli anni ’60 e ’70 ha vissuto epoche di grandi cambiamenti, con la povertà delle “favelas” che si rivedeva nelle gesta di quel giovane attaccante, nato nella povertà, che ha saputo rappresentare un intero popolo e non solo.
E’ stato il primo grande interprete del calcio. “Prima di lui il 10 era solo un numero, ha trasformato il calcio in arte”.

Classe 1940, Pelé era figlio di un calciatore, Dontinho, ma la condizione sociale della famiglia era di assoluta povertà. Da bambino si guadagnò compensi extra pulendo scarpe e quando il padre gli disse di giocare a calcio inizialmente, vista la povertà della famiglia, non poté comprare un pallone, ma giocò solitamente con un calzino o degli stracci riempiti con carta e legati con un laccio, oppure con un frutto di mango. E’ in questo periodo che nasce l’appellativo Pelé, datogli dai compagni di scuola e che era un po’ dispreggiativo, visto che era un ragazzino gracile e molto magro. Lo stesso Edson, ha ammesso spesso che non gradiva quel nomigliolo, ma sarà poi il nome che lo consegnerà all’eternità. In realtà, Pelé ha sempre ricordato con orgoglio come il suo vero nome, cioè Edison o Edson, con il quale vorrebbe essere chiamato, gli sia stato imposto in onore di Thomas Edison. La prima squadra in cui giocò Pelé fu il Bauru, squadra dilettantistica locale, ma a breve fu notato da Waldemar de Brito, ex nazionale brasiliano degli anni trenta e quaranta, che all’età di 15 anni lo convinse a fare un provino per il Santos.

E’ il 1956 e la storia del calcio sta per essere riscritta. Dopo un anno nelle giovanili, dove dimostrò assolute qualità, il il 7 settembre 1956, Pelé fa il suo esordio con la maglia del club brasiliano. A soli 16 anni, diventa capocannoniere del campionato Paulista. Dieci mesi dopo aver firmato il suo primo contratto professionistico il ragazzo fu anche convocato in Nazionale, reduce dal “Maracanazo” del 1950, la storica sconfitta del Mondiale in casa, contro l’Uruguay e dalla delusione del Mondiale del 1954.

Nel Mondiale del 1958, in Svezia, inizia la leggenda di quel ragazzino, capace di portare in trionfo il Brasile a soli 17 anni. A fine torneo Pelé poteva vantare sei gol realizzati in quattro partite giocate, ma capace di lasciare un marchio indelebile nella storia. Nella finale contro la Svezia, dove segnò uno dei 5 gol del Brasile, a 17 anni e 249 giorni fu il più giovane calciatore a giocare una finale di Coppa del Mondo e quindi ovviamente a segnare.

Dopo il Mondiale, la fama di quel 17enne arrivò in tutta Europa. Diverse squadre europee offrirono cifre importanti per acquistare il giovane giocatore, fra cui il Real Madrid, la Juventus e il Manchester United;  nel 1958 l’Inter riuscì persino a fargli stipulare un regolare contratto, ma Angelo Moratti si vide costretto a stracciarlo in seguito a un’aggressione subita dal presidente del Santos a opera di un tifoso, alla notizia della cessione prossima del talento. Nel 1961, comunque, il governo del Brasile dichiarò Pelé “Tesoro nazionale” per evitare qualsiasi possibile trasferimento, e fu questo il motivo per cui “O Rei” non ha mai giocato lontano dal Brasile (salvo poi a fine carriera). 

Nrl Mondiale del 1962, il Brasile si laurea nuovamente campione del Mondo, il secondo di fila come l’Italia 1934-38. Il 30 maggio 1962 contro il Messico, prima partita dei Mondiali di Cile ’62, Pelé fu autore dell’assist per il primo gol di Zagallo e segnò il secondo che decretò il 2-0 finale dopo avere superato quattro difensori. Il 2 giugno, però, nella seconda gara contro la Cecoslovacchia, O Rei si infortunò mentre stava tentando un tiro da lontano. Pelé a causa di quell’infortunio dovette saltare tutte le altre gare della competizione, ma a guidare il Brasile verso il suo secondo titolo mondiale fu Garrincha. Inizialmente Pelé non fu premiato con alcuna medaglia, non avendo disputato la finale, ma nel novembre del 2007 la FIFA annunciò che avrebbe consegnato una medaglia d’oro anche ai 122 componenti delle rose campioni del mondo prima del 1978 che non l’avevano ricevuta, quindi anche a O Rei per i Mondiali 1962.
Nei Mondiali del 1966, O Rei divenne il primo giocatore a segnare in tre diverse edizioni dei Mondiali. Ma diverse entrate dure, gli causarono un nuovo infortunio e il Brasile, perdendo con Bulgaria e Portogallo, uscì di scena al primo turno. Pelé dichiarò di non giocare più in un Mondiale.
Ma nel 1969, il Brasile stava avendo enormi difficoltà per qualificarsi all’edizione del Messico 1970. Pelè, alla soglia dei 30 anni, accettò di aiutare la Nazionale e la trascinò alla qualificazione. Nell’edizione del 1970, il Brasile, guidato da Zagallo, fu grande protagonista. Pelé segnò due gol nella fase a gironi, poi forì assist decisivi ai quarti e in semifinale.
Il 21 giugno il Brasile affrontò in finale l’Italia, reduce dal successo per 4-3 dopo i supplementari contro la Germania Ovest. Fu proprio Pelé ad aprire le marcature al 18º minuto di gioco, segnando di testa su cross di Rivelino. Quella finale finì 4-1 per il Brasile e Pelé, vincendo il suo terzo Mondiale, si consegnò definitivamente alla leggenda. Dopo quella finale, il difensore italiano, Burghnich, che lo marcava, disse: “Prima della partita mi ripetevo che era di carne ed ossa come chiunque, ma sbagliavo”. 
Pelé lasciò la Nazionale nel 1971, chiudendo con 113 presenze e 95 gol.

Con il Santos, conta oltre 1000 gol, i numeri sono ancora incerti, tra competizioni ufficiali, riconosciuti dalla FIFA o meno. Ha vinto 6 volte il campionato brasiliano, 10 titoli paulisti, 5 Taca Brasil, 2 Coppe Libertadores e 2 Coppe Intercontinentali.

Nel 1975 dopo un anno lontano dai campi di gioco, Pelé fu ingaggiato dai New York Cosmos, squadra della North American Soccer League (NASL), che gli offrì, con il beneplacito del governo brasiliano, un contratto di circa 4,5 milioni di dollari per tre anni. La Warner Communications, proprietaria del club, volle Pelé, oltre che per le sue doti tecniche, anche per promuovere il calcio nell’America del Nord e mise insieme una parata di giocatori d’eccezione quali, oltre a Pelé, Carlos Alberto, Beckenbauer e Chinaglia. Il 1° ottobre 1977, si ritirò definitivamente dal calcio.

Pelé si ritirò dal mondo del calcio dopo aver realizzato 1.281 gol che gli valsero il titolo di più grande goleador della storia del calcio. Dopo il ritiro ha continuato la sua carriera nel calcio, ma come analista, commentatore, ambasciatore di questo sport nel Mondo. Nel 1981 insieme ad altri celebri calciatori degli anni sessanta e settanta e a Michael Caine e Sylvester Stallone, recitò in Fuga per la vittoria, film sul tentativo di fuga di alcuni detenuti in un campo di concentramento nazista durante la seconda guerra mondiale, con una celebre rovesciata che lo consegnerà alla storia anche del cinema.

Pelè ha lottato per l’educazione dei giovani contro l’uso di sostanze stupefacenti, causa dell’arresto del figlio Edinho, ex portiere, nel 2005. Importante anche il suo impegno contro le discriminazioni razziali e sessuali fuori e dentro il mondo sportivo. Un grande esempio da seguire, il primo grande numero 10 di questo sport. Nel corso della sua carriera si è dimostrato un calciatore completo, capace di coniugare tecnica e abilità atletiche, intelligenza e velocità, precisione nei passaggi e senso del gol. A tal proposito, si ricorda che segnò cinque reti in un solo incontro in almeno sei occasioni, realizzò quattro gol in una singola partita trenta volte ed aggiunse a ciò novantadue triplette. Abile con entrambi i piedi, Pelé fu anche un eccelso colpitore di testa, nonostante la statura relativamente ridotta. Un atleta completo. Un artista del calcio. Lascia un’eredità infinita, oltre che un vuoto incolmabile per questo sport. Non solo per la figura che ha rappresentato in campo, ma anche per l’esempio fuori dal campo. Sempre un signore, sempre un sorriso, sempre pronto a sostenere il più povero e più debole.
Lui, nato e crescouto nella povertà, che ha saputo esaltare un Paese, ha saputo, con il suo esempio, allontanare tanti giovani dalla strada e dalla malavita e consegnarli a comunità e scuole calcio, per educarli.

Insomma, una figura immemorabile che verrà consegnata alla storia per sempre. Grazie “O Rei” Pelè per quello che hai dato al calcio e non solo. La tua eredità non verrà mai dimenticata. Un mito assoluto per qualsiasi generazione. Anche per quelle che non l’hanno visto giocare, eppure l’hanno visto e lo vedranno sempre.
Foto: Instagram Pelè