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Mourinho: “Prima vincevo per me stesso. Ora voglio farlo per i miei giocatori, aiutare chi non ha mai vinto”

05.04.2022 | 17:59

José Mourinho, allenatore della Roma, ha avuto un colloquio in Vaticano con il connazionale cardinale José Tolentino, archivista e bibliotecario della Santa Sede e tra i massimi esponenti intellettuali del mondo cattolico.

Questi alcuni passaggi della loro chiacchierata: “Percepisco la mia evoluzione come persona pensando al fatto che per molti anni ho voluto vincere per me stesso, mentre adesso sono in un momento in cui continuo a voler vincere con la stessa intensità di prima o addirittura maggiore, ma non più per me stesso, ma per i giocatori che non hanno mai vinto, voglio aiutarli. Penso molto di più al tifoso comune che sorride perché la sua squadra ha vinto, alla sua settimana che sarà migliore perché la sua squadra ha vinto. Continuo a essere un animale da competizione, continuo a voler vincere come o più di prima, ma prima mi concentravo su me stesso”.

La Fede: “Nel percorso verso una partita, intendo l’uscita dall’hotel, la discesa dal pullman, l’arrivo allo stadio, la passeggiata verso lo spogliatoio, la camminata dallo spogliatoio al campo prima dell’inizio della gara c’è molta spiritualità in tutto questo, non è mai una routine, per quanto si giochi decine di volte nello stesso stadio, e si faccia sempre lo stesso percorso, è un momento che ha qualcosa che non si vede, ma che si sente tanto. Lo ritengo di una bellezza enorme e ritengo che il giorno che smetterò di allenare, che spero non sia presto, sarà forse la cosa che più mi mancherà: sentire questa dimensione che mi porta verso direzioni che non ho mai condiviso con nessuno, e che oggi forse condivido per la prima volta. Camminare verso la partita e parlare con Lui…”

Parlare con Dio: “Prego tanto. Parlo con Lui e finisco sempre per dire: la mia famiglia è più importante di questo. Dammi un aiuto se hai tempo… ma se la scelta dovesse essere tra questa partita e il benessere delle persone che amo, non ci pensare due volte…

 In fin dei conti, è una grande partita tra questo gioco e il grande gioco della vita, non è vero? “Esattamente… un paio di mesi fa ho raggiunto proprio qui a Roma il traguardo delle mille panchine da allenatore. Adesso siamo già ben oltre questa cifra. Ebbene non c’è differenza tra l’ultima partita e la prima. Questo mio lato, che è mio proprio, mi fa sentire qualcosa che non è mai uguale. Mi sto aprendo con lei, e di conseguenza con il mondo, ma è un qualcosa di molto intimo. Senza dubbio il calcio non è, come la gente pensa, la mia vita, è soltanto una parte importante della mia vita, ma c’è un’altra parte che è molto più importante del calcio. Con la massima umiltà, ma al tempo stesso volendo mantenere una relazione intima con Lui, mi piace mantenere una relazione quasi di amicizia, in cui ci si dà quasi del Tu”.

Foto: Twitter Roma