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MARK SCHWARZER, IL VICE-CECH D’ESPERIENZA

23.04.2014 | 10:40

Minuto 17 della sfida tra Atletico Madrid e Chelsea: Koke batte un calcio d’angolo dalla sinistra, la traiettoria del pallone e il pressing di Diego Costa costringono Petr Cech a smanacciare nuovamente in corner, ma l’estremo difensore ceco impatta contro la traversa, perde l’equilibrio e cade con tutto il peso del corpo sul braccio destro. Attimi di apprensione, un brivido corre lungo la schiena dei tifosi Blues: Cech chiede prontamente il cambio, la sensazione è che si tratti di un problema serio. Inutili tutti i tentativi di restare stoicamente tra i pali: Josè Mourinho è costretto alla prima sostituzione, la sfida a distanza con Courtois (in campo dopo tutte le polemiche legate alla presunta clausola inserita nel suo contratto ma, nonostante tutto, vicino al rinnovo con i Pensioners) dura poco più di un quarto d’ora. Chi raccoglie la pesante eredità del portierone degli inglesi? E’ Mark Schwarzer, all’esordio in Champions League alla veneranda età di 41 anni. Il Vicente Calderòn si scalda, pensando e sperando di poterne trarre vantaggio influenzandolo con l’autentica bolgia che ha contraddistinto praticamente tutta la serata europea. Ma il portiere australiano gioca con una naturalezza disarmante, adattandosi sin da subito al modus operandi dei suoi compagni (0-0 difeso in trincea e perdite di tempo molto astute sui rinvii dal fondo, sulle rimesse laterali e lamentando ipotetici infortuni spaventosamente gravi, un atteggiamento tipico di chi vuole giocarsi la qualificazione nella gara di ritorno, tra le mura amiche); anzi, Schwarzer a fine gara risulterà tra i migliori in campo del Chelsea, complici le due parate non esattamente agevoli sul tiro da fuori di Mario Suarez al 34′ (deviazione non ravvisata dal direttore di gara) e sull’insidiosa punizione (con la sfera che penetra tra i componenti della barriera avversaria) dai 25 metri battuta da Gabi e toccata in angolo. Mercoledì prossimo toccherà ancora a lui guidare la retroguardia dello Special One, dal momento che lo stesso tecnico portoghese ha annunciato a fine gara che la stagione di Cech è ormai conclusa (“Spero possa festeggiare comunque, ma non ci sarà in campo“). Non capita tutti i giorni di giocarsi da titolare una semifinale di Champions League (con un occhio verso la finalissima) quando sulla propria carta d’identità, alla voce “data di nascita”, c’è scritto “6 ottobre 1972”. Schwarzer avrà quest’invidiabile privilegio, con un sogno ormai concreto nel cassetto: alzare al cielo di Lisbona la Coppa dalle “grandi orecchie“. Un momento che forse aspettava dal luglio scorso, quando fu ufficiale il suo passaggio al club di Abramovich, dopo una lunga carriera iniziata nel 1991 nei Marconi Stallions (squadra di Sydney, sua città natale) e proseguita con le maglie di Dinamo Dresda, Kaiserslautern, Bradford City, Middlesbrough e Fulham. Nella sua bacheca è riuscito a inserire solo la Coppa di lega inglese, conquistata nel 2004 con i Boro, poi nulla più. In Italia molti se lo ricorderanno per quegli attimi struggenti che hanno preceduto la battuta del calcio di rigore di Totti al 94′, negli ottavi di finale dei Mondiali 2006, poi vinti dagli azzurri. Ora Mark vuole dimostrare a tutti che, attraverso il lavoro e il sacrificio, si può arrivare a superare da professionisti esemplari la soglia dei 40 anni e restare ad altissimi livelli. E magari a scrivere il proprio nome nella storia, portando a casa il trofeo più importante che un calciatore possa augurarsi nella propria carriera.