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L’album dei ricordi: Juve-Lazio e quella zuccata del Cholo

20.04.2016 | 00:01

La Serie A viaggia a marce altissime, tutti a uovo in discesa verso il traguardo. Nemmeno il tempo di metabolizzare il 33° turno che si è già tornati in campo per il 34°, aperto ieri sera dall’anticipo Napoli-Bologna, conclusosi con il roboante 6-0 a favore dei partenopei. La sfida più appetibile di questa giornata è indubbiamente Juventus-Lazio, con i bianconeri alla ricerca dei 3 punti per avvicinarsi alla matematica conquista del quinto scudetto consecutivo e i biancocelesti, rivitalizzati da Inzaghino, vogliosi di dare continuità alle prime due vittorie della nuova gestione per continuare a sperare nel sesto posto, che potrebbe valere la qualificazione alla prossima Europa League.

Un incrocio che ha vissuto i suoi momenti più significativi a cavallo tra la fine degli anni 90 e l’inizio del nuovo millennio. A quel periodo facciamo riferimento per ripescare, nel pieno rispetto della “par condicio” dell’album dei ricordi, due gare di campionato disputatesi a Torino rimaste impresse nell’immaginario collettivo.

 

Partiamo dal 6 dicembre del 1997, partita che cade all’undicesima del girone di andata. La Juve di Lippi si presenta all’appuntamento priva di Deschamps, Pessotto e Amoruso, con Zidane e Montero in panchina poiché in non perfette condizioni fisiche. Eriksson, dal suo canto, è costretto a rinunciare a Favalli e all’ex Jugovic. Dopo un quarto d’ora i padroni di casa passano: Pippo Inzaghi, lanciato splendidamente in campo aperto da Antonio Conte, si fa ipnotizzare da Marchegiani in uscita, ma sulla respinta arriva Del Piero per il più comodo dei tap-in. Dieci minuti più tardi Torricelli falcia maldestramente in area Pavel Nedved, Boggi indica il dischetto senza indugio. Dagli undici metri si presenta Marcolin, che spiazza Peruzzi e regala la momentanea parità ai suoi. Copione analogo al 32’, con Marchegiani a stendere Pinturicchio e l’arbitro ad assegnare la massima punizione, a vantaggio non concretizzatosi (palo di Inzaghi). Alex non perdona, anche in questo caso portiere da un lato e palla dall’altro. Il risultato non cambierà più malgrado le numerose occasioni di marca bianconera. Nedved chiama al miracolo l’estremo difensore piemontese, che si supera sulla sventola della Furia Ceca. Poi Super Pippo, al tramonto del primo tempo, colpisce per la seconda volta il montante con uno splendido destro al volo. Nella ripresa una Lazio a versione anteriore, con il neoentrato Boksic (altro ex della contesa unitamente a Casiraghi), spreca una discreta chance con Mancini, prima che l’espulsione di Chamot – per fallo da ultimo uomo – faccia calare definitivamente il sipario. Solo Marchegiani, strepitoso nel dire di no a Del Piero ed al neo entrato Zizou, evita che il passivo assuma contorni più pesanti. Al di là di un gol-non gol del numero 10 di Madama, con il biondo Pavel a respingere di testa forse al di là della linea di porta.

 

Voliamo adesso a sabato 1 aprile del 2000, quando la compagine capitolina all’11ª giornata di ritorno somministra un bel pesce alla capolista, sempre più in difficoltà. Tutt’altro che uno scherzo, il quadro si completerà il 14 maggio nell’acquitrino di Perugia, con la Signora ad arrendersi a Calori e i biancocelesti a festeggiare all’Olimpico, un’ora dopo il triplice fischio contro la Reggina, il secondo tricolore della loro storia. Tornando al match, i romani sanno che per riaprire definitivamente un campionato che sembrava chiuso, con Zidane e compagni che erano arrivati ad avere 9 lunghezze di vantaggio sulla seconda, hanno un solo risultato a disposizione. E che, all’interno di 90 minuti agonisticamente validi ma non fecondi in termini di palle gol, la differenza l’avrebbe fatta il classico episodio. Non lo trova la Juve, con un Del Piero ancora appannato dopo la rottura del crociato e a digiuno di gol su azione da ben 533 giorni, lo trova invece la Lazio, abilissima a capitalizzare con una zuccata da 3 punti i pochi secondi successivi all’espulsione per doppia ammonizione di Ciro Ferrara, con Marcello Lippi che non aveva ancora riorganizzato la difesa. È il 21’ della ripresa, quando Juan Sebastian Veron pennella un morbido traversone per la testa del Cholo Simeone, che si inserisce – praticamente indisturbato a centro area – e in torsione spedisce la sfera alle spalle del marmoreo Van der Sar, poco reattivo come sempre nel biennio trascorso agli ordini di Carlo Ancelotti. Nonno Ballotta si oppone a Davids, Del Piero e Pippo Inzaghi, tandem ben contenuto dall’arcigna (a dir poco) coppia centrale composta da Mihajlovic e Fernando Couto. Dall’altra parte Nedved furoreggia, Almeyda e Stankovic cuciono il gioco e l’altro Inzaghi, proprio il Simone neo tecnico laziale, dà profondità. Un cocktail letale per la Fidanzata d’Italia, costretta un mese e mezzo più tardi ad ingoiare il più amaro dei bocconi.

Operazione amarcord conclusa anche per questa settimana: appuntamento alla prossima pagina dell’album dei ricordi

                                                                                     Jody Colletti                 Twitter: @JodyColletti

 

Foto: sololalazio.blog.tiscali.it