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IBRA, UN VERO FENOMENO

05.06.2023 | 16:03

Zlatan Ibrahimovic è l’uomo che ha segnato una generazione, che ha fatto sognare bambini e che ha dato vita alla voglia di giocare a calcio di tante persone. Può risultare simpatico per molti e antipatico per alcune sue dichiarazioni, ma Ibra è così, senza peli sulla lingua, con quella superbia che aiuta l’autostima che forse tutti dovrebbero avere per il proprio bene. Il suo saluto al calcio è forse una fine di un’era, di un percorso di crescita per tante persone e poter affermare di averlo visto giocare ai suoi massimi livelli è un vanto che ogni persona potrebbe e dovrebbe far risaltare sempre.

La carriera di Zlatan è nota a tutti, ma è l’esempio del “mai mollare”, mantra che nella sua vita calcistica è stata ripetuta all’infinito dallo svedese. Frase che ha scandito gli inizi anni 2000 dello svedese, perché dopo l’inizio convincente con il Malmo, arriva il periodo olandese all’Ajax dove vive di alti e bassi. Vince ma convince a metà, in alcune partite sembra sbocciare (come in quel Ajax-Nac Breda, dove più che Zlatan, sembrava Alberto Tomba) e in altre fa difficoltà anche a calciare in porta. La sua prima svolta calcistica arriva dopo aver conosciuto Mino Raiola (come stesso il calciatore ammetterà nel suo docufilm) che gli indirizza i “valori veri” del calcio, mostrandogli dati schiaccianti e dove poter migliorare, specialmente sotto porta, grande neo di un giovane rampante come lui.

Ibrahimovic approda in Italia nel 2004, dopo un buon europeo (che noi italiani difficilmente scorderemo), alla corte della Juventus. Con Lo svedese vive anche qui tra altri e bassi soffrendo la folta concorrenza dell’attacco bianconero. Capello lo tratta come un figlio, quando c’è da lodarlo lo loda, quando c’è da criticarlo lo critica. Anche qui come in Olanda ha quel problema della finalizzazione, segna, ma sbaglia anche tanto. In alcune partite sembra infermabile mentre in altre è la brutta copia di se stesso. Il 2 novembre del 2005 poi c’è la chiusura definitiva del rapporto tra il calciatore e il presidente Moggi, è la sera di Juve-Bayern Monaco, lo svedese si fa espellere e nel post partita ha un accesa discussione con l’allora presidente bianconero, morale della favola, addio rinnovo.

Quando provochi Ibra però non sai mai cosa aspettarti, lo svedese accetta il mancato rinnovo della Juventus e va dai rivali, nell’Inter di Mancini che ha voglia di aprire un ciclo vincente e ci riesce. Con il Mancio lo svedese si esalta, sotto porta è un cecchino, diventa uomo squadra e nasce sempre di più il personaggio “Zlatan Ibrahimovic”, l’essere imbattibile e pieno di automotivazione che tutti noi oggi conosciamo. Con il tecnico italiano, l’attaccante vince campionati e coppe, oltre una valanga di premi personali. Nell’estate del 2008 nella Milano sponda nerazzurra arriva Mourinho. Secondo voi due persone con una mentalità così simile a cosa possono arrivare? A dominare, infatti così fu. Ibrahimovic con il portoghese dimostra il massimo della sua caratura, gol incredibili (quello di tacco contro il Bologna), coppe e soprattutto premi e candidature ad ogni competizione in singolo. Senza dimenticare la candidatura alla squadra dell’anno da parte dell’Equipe nel 2008. L’estate del 2009 sembra essere l’inizio di una stagione magica, Ibra cambia numero, passa alla 10 lasciata libera da Adriano, nella tournee estiva è il simbolo dell’Inter e Mourinho gli da le chiavi della squadra. Nel mese di luglio però i telefoni di Zlatan e di Moratti squillano spesso, forse fin troppo, dall’altra parte della cornetta c’è il Barcellona. Guardiola vede in Ibrahimovic l’attaccante ideale ed è pronto a sacrificare Eto’o per lo svedese, dopo un mese di trattativa, il 27 luglio, Ibra arriva in Spagna e viene accolto da principe, senza sapere ahimè, che quella sarà forse la stagione più complicata della sua vita.

Ibra a Barcellona inizia bene, segna a raffica e si esalta, però col passare delle settimane il rapporto con Guardiola peggiora, c’è chi si schiera dalla parte del tecnico chi da quella del calciatore. Il problema principale non è il rapporto umano, bensì quello tattico, Guardiola chiede ad Ibra tante forse troppe cose, ad inizio 2010 diventa ricorrente vederlo seduto in panchina o sostituito, anche perché Pep sta scoprendo Messi nell’inedito ruolo di falso 9/punta, proprio quello che era di Ibrahimovic ad inizio stagione. Il finale di stagione è un continuo calare, la sconfitta che brucia allo svedese di più è quella contro la sua Inter che lo elimina dalla tanto agognata Champions League ad un passo dalla finale.

Nell’estate del 2011, Galliani bussa alla porta di casa Ibrahimovic più di una volta, più di un centinaio di volte, più di mille volte. L’obiettivo è riportare lo svedese a Milano, nell’altra sponda però, quella rossonera. Dopo 2 mesi di trattativa il 28 agosto arriva la firma tra lo stupore della città e la delusione dei tifosi dell’Inter. Zlatan al Milan fa lo Zlatan, uomo squadra, uomo vincente. Con in panchina Allegri vince il campionato alla prima stagione, segna a raffica, in due anni fa 41 gol in 62 presenze. La seconda stagione c’è solo la Juventus di Antonio Conte a non permettergli di fare la doppietta tricolore con i rossoneri e anche qui dopo una raffica di premi personali decide di provare una nuova affascinante sfida, quella targata PSG.

“Il Re di Francia“, “Parigi ha il suo Dio”, sono queste le copertine dell’Equipe dopo l’approdo in Francia del campione svedese. I vari nomignoli dati dai giornali li rispetta tutti, Ibrahimovic in Francia passeggia a suon di gol e titoli nazionali. L’unico neo, quella Champions League che continua a non arrivare, anzi si allontana sempre di più, raggiungendo con il PSG al massimo solo i quarti di finale. Ibrahimovic è infermabile in 122 partite segna 113 gol, una media spaventosa e una Nazione ai suoi piedi. Nel 2016 dopo aver vinto tutto (tranne quell’unica competizione maledetta) saluta Parigi in suo stile “Sono arrivato come un re. Lascio da leggenda”.

Ad Ibra mancava solo l’Inghilterra per chiudere il suo cerchio, nel 2016 quindi decide di vivere una nuova avventura, direzione Manchester, sponda United, perché ha un “conto d’amore” con Mourinho che lo aspetta a braccia aperte. I due continuano i loro successi assieme e finalmente arriva la prima coppa Europea per Zlatan, l’Europa League a Stoccolma contro la squadra che lo ha lanciato, l’Ajax. Un film bellissimo, peccato solo che Ibra è infortunato e potrà vivere il successo dei suoi da bordo campo, con due stampelle che poi durante i festeggiamenti lancerà al pubblico.

Nella sessione invernale di mercato del 2020, dopo aver dominato la scena americana con i Los Angeles Galaxy, lo svedese (come poi svelerà De Laurentiis qualche anno dopo) si accorda con il Napoli ma soprattutto con Ancelotti che è pronto ad accoglierlo sotto il Vesuvio per vivere un nuovo sogno…che mai accadrà, perchè Ancelotti viene esonerato a metà dicembre e al neo allenatore Gattuso non va bene l’arrivo dello svedese. Ibrahimovic non si fa problemi e dopo qualche giorno rimane in Italia, ma torna nella sua Milano, ancora sponda rossonera. C’è un Milan da risollevare che arriva da una sconfitta per 5-0 a Bergamo. Il resto della storia è noto a tutti, basta una mezza stagione per trovare la quadra al Milan e Zlatan nel campionato 21/22 porta i suoi allo scudetto che mancava dal 2011, proprio quello vinto grazie ai suoi gol. Quest’anno poteva essere l’anno della conferma e rinascita europea, ma anche un supereroe come Zlatan è umano e si deve arrendere ai tanti infortuni, che gli hanno reso amara l’ultima stagione da professionista. Grazie di tutto Ibra, GODBYE.

Foto: Screen Instagram Ibrahimovic