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FRANCK RIBERY, IL MONDIALE PERDE UN’ALTRA STELLA

07.06.2014 | 10:40

“È con la morte nell’anima che devo lasciare la Francia e rinunciare al Mondiale. Avevo sempre sperato di farcela, dopo aver ricevuto segnali incoraggianti negli ultimi giorni. Gli ultimi esami però hanno confermato che il problema si è aggravato, dunque non posso far altro che rinunciare. So che i miei compagni in Brasile daranno tutto per questa maglia, sarò il loro primo tifoso”. E’ questo l’amaro commento, recitato ieri alla stampa transalpina, di Franck Ribery, stella della Nazionale francese e del Bayern Monaco, costretto a guardare i Mondiali da casa per un problema alla schiena che lo tormenta da tempo. Un destino beffardo, una sentenza inequivocabile che finisce inevitabilmente per ridurre il tasso tecnico complessivo della competizione. Dopo Giuseppe Rossi, Radamel Falcao, Christian Benteke e Kevin Strootman, il pubblico del Brasile dovrà fare a meno anche delle sue giocate. Una lista che potrebbe addirittura allungarsi, considerate le precarie condizioni fisiche di due top player come Palacio e Cristiano Ronaldo
Il forfait di Ribery era stato anticipato due ore prima dal tecnico francese Didier Deschamps (che ha prontamente chiamato al suo posto il trequartista del Montpellier Remy Cabella) ed è stato accompagnato dall’indisponibilità di Grenier (sostituito 
da Scnheiderlin), un problema di risonanza minore ma comunque da non sottovalutare. Lo staff medico transalpino aveva aspettato fino all’ultimo momento utile, non gli sembrava vero di dover tagliare il proprio gioiello più prezioso dalla lista Mondiali. Poi è arrivata la conferma da parte del diretto interessato e un intero popolo si è rassegnato all’idea di salutarlo prim’ancora di poterlo vedere in azione.
La carriera di un calciatore è una continua oscillazione tra momenti esaltanti e periodi più che bui. Se facessero una campagna pubblicitaria su questa considerazione, Franck Ribery potrebbe esserne il testimonial ideale. Già, perché il talento classe 1983 di Boulogne-sur-Mer, all’età di due anni, quando il calcio non sapeva nemmeno cosa fosse, è stato vittima di un incidente d’auto insieme con i genitori, proprio nella località in cui è nato. Un impatto violentissimo, che lo ha catapultato fuori dal parabrezza. Due cicatrici sul volto come marchio indelebile di un episodio che poteva essergli letale. Un aspetto fisico che gli avrà creato non pochi problemi soprattutto durante il periodo adolescenziale. Ma quando dal 2000/2001, con la squadra della sua città, ha iniziato a rispondere sul campo con le sue giocate, ha sempre saputo zittire tutti, facendo parlare solo ed esclusivamente l’innata poesia calcistica di cui è dotato.
La sua carriera intanto prende il volo e dopo le esperienze con Olympique Ales, Brest, Metz e Galatasaray (con quest’ultimo appena 17 presenze e un gol, quanto basta per portare a casa una Coppa di Turchia e per meritarsi il soprannome di “Scarface”, che lo accompagnerà negli anni a venire), ecco il biennio 2005-2007 all’Olympique Marsiglia. E’ il definitivo trampolino di lancio: con i biancazzurri colleziona 91 presenze, 19 gol, sforna assist in quantità industriale e mette in bacheca una Coppa Intertoto nel 2005. Numeri importanti, che spingono il Bayern Monaco a sborsare ben 25 milioni di euro per aggiudicarsi le sue prestazioni: è il 6 giugno del 2007 e la svolta professionale diventa realtà. Fino a oggi, con la maglia dei bavaresi, è stato un autentico plebiscito di trofei: 4 scudetti, 1 Coppa di Lega, 4 Coppe di Germania, 2 Supercoppe di Germania, 1 Champions League, 1 Supercoppa europea e 1 Mondiale per club. Un numero infinito di successi, l’apice toccato nel 2013, con il Bayern campione di tutto. Ribery è uno dei protagonisti indiscussi insieme con Robben, avrebbe certamente meritato il Pallone d’Oro. Peccato per lui che, nel frattempo, il marziano Cristiano Ronaldo segnasse gol a raffiche e gli soffiasse il riconoscimento da sotto al naso, pur non avendo vinto tanto quanto il talento francese. 
Una delusione d’Oro che ormai è acqua passata, ma che gli lascerà per sempre un segno incancellabile. Una terza cicatrice, potremmo dire. Sarebbe curioso chiedere a Ribery se faccia più male il non aver vinto l’ambito premio individuale o l’assenza forzata ai Mondiali brasiliani. Sì, ma non avvicinatevi adesso per porgli quest’interrogativo: il suo umore sarà sicuramente nerissimo per un bel po’ di tempo…