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FRANCESCO GUIDOLIN, UN RITORNO IN PISTA TARGATO PREMIER

19.01.2016 | 09:50

“Spero di ripetere qui quanto fatto in Italia”. Ha esordito con il migliore degli auspici, nella conferenza stampa di presentazione. Lui, Francesco Guidolin, alla sua seconda esperienza da allenatore al di fuori dei confini italici e al suo battesimo nell’affascinante Premier League. Lo Swansea ci ha puntato forte, dopo la decisione di esonerare Garry Monk e di affidare temporaneamente la panchina alla leggenda 61enne Alan Curtis, che comunque resterà nel suo staff. Per quest’ultimo ieri sera un saluto speciale ai propri tifosi: il preziosissimo successo casalingo contro il Watford, ufficialmente in crisi dopo il quarto ko di fila e una serie di prestazioni opposte a quelle sfoderate fino all’ultimo boxing day, quando il club dei Pozzo sembrava lanciatissimo addirittura per un piazzamento europeo. Un simbolico passaggio di testimone, dunque. Per Guidolin il compito in terra gallese non sarà dei più facili. In primis, dovrà risollevare l’umore di una squadra che, nonostante nomi del calibro di Ayew, Sigurdsson, Gomis e Routledge, naviga in acque pericolosissime, con una lunghezza in più rispetto al Newcastle terz’ultimo. L’obiettivo salvezza, quello a lunga scadenza ma di vitale importanza, vivrà la sua prima tappa domenica, sul difficile campo dell’Everton. Quando per l’ex tecnico dell’Udinese sarà il momento di mettere in campo tutta la sua sapienza calcistica. E – perché no – di assaporare egoisticamente un po’ di quella magica e sana atmosfera tipica del calcio inglese.


Trevigiano di nascita, Guidolin ha appeso le scarpette al chiodo nel 1986, dopo una carriera da centrocampista che ha avuto come leit motiv i colori del Verona e dispiegatasi anche tra Sambenedettese, Pistoiese, Bologna e Venezia. E proprio con i gialloblù l’unica (limitata) gioia, la vittoria del campionato di serie B nella stagione 1981/1982. Quattro anni dopo ecco la sua prima esperienza da allenatore, al Giorgione, squadra di Castelfranco Veneto all’epoca in C2 e che milita oggi in serie D (il suo ingaggio era di 400 mila lire al mese). Fin da subito il suo dettame tattico fu chiaro a tutti: il 4-4-2 di sacchiana memoria, modulo con cui il suo modello ispiratore conquistò valanghe di successi con il Milan e con la Nazionale (salvo quella sfortunata finale a Usa ’94). Un esordio amaro, conclusosi con la retrocessione. “Ma il ragazzo si farà”, assicuravano gli addetti ai lavori. E dopo le “panchine interlocutorie” tra Treviso, Fano, Empoli, Ravenna e Atalanta, ecco la svolta Vicenza. Tre i momenti da incorniciare: il terzo posto in B al debutto in biancorosso con allegato ritorno nella massima serie dopo ben sedici anni; la storica conquista della Coppa Italia nel 1997, dopo aver eliminato Lucchese, Genoa, Milan, Bologna e Napoli; la trionfale cavalcata in Coppa delle Coppe, conclusasi in semifinale il 17 maggio 1998 al cospetto del ben più quotato Chelsea. Insomma, un mezzo miracolo sullo stesso stile dell’Alessandria di quest’anno. Udinese, Bologna, Palermo, Monaco, poi ancora Palermo. Forse il miglior tecnico che il presidente Zamparini abbia mai avuto a disposizione. Ma, com’è consuetudine del numero uno dei siciliani, il rapporto con i rosanero si rivela burrascoso, un misto di alti e bassi che va dalla doppia qualificazione in Coppa Uefa alle dimissioni del 24 marzo 2008. “Zamparini è il miglior presidente del mondo, dal martedì alla domenica”, aveva ironizzato nella sua prima conferenza stampa. Ben consapevole che poi avrebbe tenuto fede alla sua fama di “mangiallenatori”…


Dopo un ottimo biennio a Parma, coronato con la promozione in A, ecco il ritorno a Udine. Stavolta per imporsi a grandi livelli. Nella stagione 2010/2011 parte malissimo, poi riesce a risalire fino al quarto posto, grazie a una serie incredibile di vittorie, tra cui quel clamoroso 0-7 (ironia della sorte) al Barbera contro il Palermo griffato dalla letale coppia gol Sanchez-Di Natale. La qualificazione ai preliminari di Champions (poi negatagli solo per via del doppio proibitivo incrocio con l’Arsenal) e il record di punti nella storia del club friulano (65) gli varranno la conquista della Panchina d’Oro. Il tenore europeo della sua Udinese si ripeterà l’anno dopo, ma lo scoglio play-off stavolta sarà fatale al cospetto del ben più modesto Sporting Braga. Il 20 maggio 2014, dopo aver raggiunto l’Europa per la terza stagione di fila, decide di dedicarsi al ruolo di supervisore tecnico dei club della famiglia Pozzo (Granada, Udinese e Watford). Un cambio radicale che dura un solo anno: troppo grande la voglia di campo, di rimettersi in gioco. Ora, a poco più di un anno e mezzo di distanza, la grande occasione è arrivata. E chissà se anche in Galles riuscirà a farsi calcisticamente amare come spesso ha fatto anche in Italia. Magari con il traguardo salvezza, il vero motivo per cui ha intrapreso questo lungo viaggio chiamato Premier.

 

Foto: Swansea on Twitter