Ultimo aggiornamento: mercoledi' 08 maggio 2024 00:26

Il fattore panchina nel dominio Juve: Allegri raggiunge Conte a quota 3 scudetti. Però Max…

21.05.2017 | 19:10

Allegri Juve

Massimiliano Allegri oggi ha raggiunto Antonio Conte. Tre scudetti consecutivi aveva vinto l’attuale tecnico del Chelsea, fresco di trionfo in Premier League, altrettanti ne ha inanellati Max. Per gli amanti delle statistiche, ecco in serie i punti totalizzati da entrambi nei rispettivi tris alla guida della Juventus: 84 nel 2011/12, 87 nel 2012/13, 102 record nel 2013/14 (Conte); 87 nel 2014/15, 91 nel 2015/16, 88 a una giornata dalla fine nella corrente edizione 2016/17 (Allegri).

Arrivato tra il pessimismo generale, nel luglio del 2014 dopo l’abbandono del tecnico salentino, il condottiero livornese ha conquistato tutti, da subito. Prima ha sfruttato la scia del suo predecessore, specie dal punto di vista tattico, poi ha iniziato a plasmare la sua Juve. In primis proponendo sempre più di frequente la difesa a quattro, al netto delle possibili varianti in corso d’opera, a certificare la versatilità tipica dei grandi della panchina. Era arrivato come un integralista del 4-3-1-2, modulo quasi mai utilizzato in questo triennio a beneficio invece di 3-5-2, 4-3-3 e soprattutto, storia contemporanea, 4-2-3-1. Lo schema imprevedibile, per interpreti schierati, che Allegri ha tirato fuori dal cilindro a partire dalla seconda giornata del girone di ritorno, dal 2-0 contro la Lazio in poi. Tutti dentro dalla cintola in su: Pjanic, Cuadrado (poi Dani Alves avanzato), lo straordinario Mandzukic adattato a sinistra, Dybala e Higuain. Un capolavoro vero, che ha stravolto qualsiasi dogma sugli equilibri calcistici, con l’apice toccato in quelle partite in cui ben 7-8 calciatori di movimento su 10 avevano caratteristiche più offensive che difensive, compresi i “terzini” Dani e Alex Sandro e quel Khedira che è maestro sì in fase d’interdizione, ma è anche bravo ad attaccare gli spazi e farsi valere in zona gol. Emblematica, anche se parliamo di Champions League e non di campionato, la doppia sfida contro il Barcellona, con zero gol concessi in 180’ all’attacco più forte di sempre. Copertura degli spazi perfetta, spirito di sacrificio encomiabile con il bene della squadra anteposto, con i fatti e non a parole, alle singole individualità. Rimanendo in tema, proprio in Europa Max al momento stravince il confronto con Conte, dall’alto delle due finali centrate in tre anni nella massima competizione per club. Edizioni però non disputate da Antonio, che alla Juve non incantò né in Champions né, soprattutto, in Europa League, con la finale dello Stadium mancata in seguito all’eliminazione contro il Benfica in semifinale. Rispetto ai tempi del martello leccese, sono rimasti in sette (Buffon, Barzagli, Bonucci, Chiellini, Lichtsteiner, Asamoah e Marchisio), il resto dell’organico appartiene tutto all’era Allegri, la cui impronta sui successi della Juventus è nitidissima. Esaurito in questa sede l’elogio dell’attualità, sarebbe da stolti non riconoscere i meriti di Conte nella rinascita bianconera. Con lui la Juve è tornata a vincere dopo gli anni bui del post Calciopoli, proprio lui ha rinverdito lo storico dna sintetizzato nell’ormai celebre “Alla Juve vincere non è importante, è l’unica cosa che conta”. Il suo unico errore, in quella calda estate di tre anni fa, fu quello di non rendersi conto che la tavola per il ristorante da 100 euro era già praticamente apparecchiata. Ad ogni modo, Antonio oggi è re d’Inghilterra, Massimiliano d’Italia e insegue quel sogno Champions (che da oggi fa effettivamente rima con Triplete) che per Madama è diventato quasi un’ossessione. Fattore panchina decisivo ai fini del dominio Juve, dopotutto non è un caso se oggi, al tramonto della stagione 2016-17, Allegri e Conte sono quasi unanimemente considerati tra i 3-4 allenatori più forti in assoluto.

Foto: Twitter Juve Allegri