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ÉDER, L’UOMO DEL DESTINO NELLA DOLCISSIMA NOTTE DI SAINT-DENIS

11.07.2016 | 09:50

Il numero 109, minuto della prima gioia nella storia lusitana, resterà per sempre scolpito nel cuore di ogni portoghese con un minimo di passione calcistica. Ma c’è un passaggio chiave, prima di quella rete gonfiata e dei quasi 70 mila spettatori immobili come statue di sale. Esattamente al 79′, quando Fernando Santos richiama Éderzito António Macedo Lopes, per tutti semplicemente Éder, e gli dice di prepararsi a entrare in campo. Gli si avvicina Ronaldo, ancora zoppicante ma con tanta di quella grinta in corpo da poter affrontare un’intera arena di leoni affamati. “Segnerai tu la rete della vittoria”. Parole che, a qualche ora di distanza, risuonano come una delle più azzeccate profezie di Nostradamus. Éder entra in campo e non ha bisogno di tempo per adattarsi al ritmo e al livello agonistico imposto dai francesi. Fa subito a sportellate con Koscielny e Umtiti, fa sentire il proprio peso là davanti, dove i soli Nani e Quaresma non riuscivano a contrastare la fisicità dei centrali avversari. Fino ad arrivare al fatidico momento: difesa della palla e destro potente rasoterra che va ad allargarsi verso l’angolino basso. L’incubo di ogni portiere, compreso Lloris che fino a quel momento aveva giocato un Europeo pressoché superbo. La macchia rossoverde dello Stade de France è irrefrenabile, il primo successo di sempre della Nazionale è a 11 minuti di distanza. Molto meno di quei lunghissimi 12 anni, il tempo passato dal dramma della kermesse persa davanti alla propria gente al cospetto di una Grecia capace di sovvertire il pronostico anche del più accanito sportivo ellenico. Quattro tornei più tardi, spetta alla Francia subire l’onta di perdere il trofeo a un passo dal traguardo. Doveva essere la notte del capocannoniere Griezmann, delle giocate di Pogba, della fantasia di Payet. Si è trasformata nella notte di Éder. Dopo l’ultima stagione a livello di club, chi se lo sarebbe mai aspettato?

 

Già, perché il bomber originario di Bissau classe 1987 veniva da un’annata di luci e ombre con la maglia dello Swansea prima e del Lille poi. Primi sei mesi da incubo in Premier, appena 15 presenze tra campionato ed FA Cup e zero reti, seconda parte di stagione da incorniciare, con sei centri in 14 apparizioni in Ligue 1. Ed è proprio grazie a questo finale in crescendo che il ct portoghese alla fine si è convinto a chiamarlo per la spedizione transalpina, pur essendo consapevole che il suo minutaggio sarebbe stato piuttosto scarso per via della condizione fisica e della scarsa propensione alle sostituzioni di un totem come CR7. Il dio del calcio, però, aveva in serbo qualcosa di magico per lui. Lui, che fino a quel momento aveva avuto a disposizione solo qualche scampolo di match con Islanda e Austria, nel girone F passato al terzo posto per il rotto della cuffia dopo un rocambolesco 3-3 contro l’Ungheria. Una carriera modesta, che ha vissuto il proprio apice nel triennio in patria allo Sporting Braga. La vetrina dell’Europa League, la Coppa di Lega alzata al cielo nel 2013, il sogno diventato realtà di sbarcare nel campionato di Rooney, Aguero e Hazard. Nulla di tutto questo nemmeno lontanamente paragonabile alla sbornia di emozioni che da qualche ora ha deciso di regalare e di regalarsi. Éder, l’uomo del destino nella dolcissima notte di Saint-Denis. Un intero Paese e in particolare CR7, pronto a ricoprirsi d’oro per la seconda volta di fila tra qualche mese, ringraziano sentitamente.

 

Foto: Euro 2016 on Twitter