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CRISTIAN BROCCHI, L’UOMO DEL PRESIDENTE

12.04.2016 | 10:17

Il nome caldo in casa Milan, di questi giorni e soprattutto di queste ultime ore, è quello di Cristian Brocchi, scelto per sostituire il tecnico serbo Mihajlovic sulla panchina del Diavolo. La cena di ieri ad Arcore tra Berlusconi, Galliani e lo stesso Brocchi non ha lasciato spazio ad altre interpretazioni: il cambio in panchina è imminente. Il patron rossonero ha deciso: potrà finalmente vedere Cristian Brocchi alla guida del suo Milan, che oggi è solo un ricordo sbiadito di quella squadra perfetta guidata da SacchiCapello e  Ancelotti. Ora tocca a l’ex centrocampista, milanese doc come il suo presidente, fare di nuovo grande quel club che era il faro del calcio italiano e internazionale.

Brocchi nasce a Milano nel 1976 e cresce nelle giovanili del Milan. Fa il suo esordio tra i professionisti sempre in una squadra dell’interland del capoluogo lombardo. Nella stagione ‘95-’96 il centrocampista ventenne, infatti, veste la maglia della Pro Sesto, che cerca la salvezza nella vecchia Serie C1. Il club non riesce a evitare la retrocessione ma Brocchi, che ha giocato tutta la stagione da titolare, non abbandona la squadra e l’anno seguente disputa il campionato in C2. Al giocatore però, questa lega sta troppo stretta e il ritorno in C1 è presto cosa fatta. Veste quindi la maglia della Lumezzane, altra squadra della provincia milanese con la quale disputa un’ottima stagione, segnando anche 4 gol. Alla fine del campionato, Brocchi viene notato da Cesare Prandelli, allenatore del Verona, che nutre ambizioni di promozione nella massima serie (gli scaligeri militano in B). Le caratteristiche tecniche e fisiche del giocatore, sono l’ideale per blindare il centrocampo. La forza fisica, il senso della posizione e quel vizio del gol (32 presenze e 6 reti), ben gestite dal futuro tecnico della Nazionale, contribuiscono alla promozione del Verona in A e alla sua permanenza nell’anno successivo. Ora per Brocchi, i tempi sono maturi per l’approdo in un grande club: ma non si tratta del suo Milan, bensì dei cugini dell’Inter. La stagione in nerazzurro però, è al di sotto delle aspettative, condizionata anche da un intervento alla schiena per rimuovere due cisti, che lo tiene lontano dal campo per tre mesi. Chiude con sole 15 presenze e un solo gol: troppo poco per un giocatore abituato a stare sempre in campo e troppo poco per Moratti che si aspettava un rendimento ben diverso. L’inizi degli anni 2000, sono caratterizzati dagli scambi tra le due società milanesi, spesso molto fortunati per il Milan e a dir poco nefasti per l’ Inter. Anche questa volta, è il Diavolo a guadagnarci: Brocchi passa all’altra sponda del Naviglio in cambio di Guglielminpietro.

Purtroppo per Cristian, il Milan di Carlo Ancelotti ha un assetto ben consolidato e soprattutto un centrocampo composto da insostituibili: Brocchi diventa così la riserva a turno di Andrea Pirlo, Gennaro Gattuso e Clarence Seedorf. Nonostante lo scarso impiego, il coriaceo mediano contribuisce alla vittoria di Scudetto, Champions League, Coppa Italia, Supercoppa italiana e Supercoppa UEFA in sole tre stagioni. Ma Brocchi vuole più spazio, vuole essere protagonista e non si accontenta di fare la panchina in attesa di uno stralcio di partita.. L’ unica soluzione è lasciare la squadra con cui ha vinto tanto e l’occasione arriva nel 2005 quando sceglie di trasferirsi alla Fiorentina con la formula del prestito. Opta per Firenze anche perché in Toscana ritrova il suo mentore, l’allenatore che lo ha lanciato nel calcio che conta: Cesare Prandelli. La stagione con i viola va oltre ogni più rosea aspettativa: Brocchi è titolare inamovibile, segna e contribuisce ad un insperato quarto posto della sua squadra. A fine stagione però, è tempo di tornare a casa Milan, incoraggiato anche dalla grande stima che il presidente Berlusconi gli tributa durante alcune interviste (un amore che ha radici profonde). L’ entusiasmo per la stima che i dirigenti nutrono nei suoi confronti però poco dopo lascia spazio alla rassegnazione. Il copione è sempre lo stesso, tanta panchina, tanta attesa, rarissime le partite dal primo minuto e un Gattuso che è sempre il preferito nello scacchiere tattico del tecnico.

Nel 2008 dopo aver cominciato la preparazione nel ritiro di Milanello, il 28 agosto viene ceduto a titolo definitivo alla Lazio. Questa sarà la sua ultima occasione per essere grande come giocatore, e Brocchi non delude le aspettative: la prima stagione in biancoceleste si conclude con 34 presenze, la vittoria della Coppa Italia, nessun gol ma tanti assist. La stagione 2010-2011 è un copia-incolla della precedente con 32 partite disputate tra campionato e Coppa Italia.

Il 3 febbraio 2013, in Genoa-Lazio, subisce un intervento sconsiderato da parte di Matuzalem che gli procura un’infrazione al livello della base del primo e del secondo metatarso ed una lussazione del terzo dito del piede. Viene operato tre giorni dopo e con la fisioterapia sembra aver recuperato la mobilità completa dell’arto. Sembra ma non è cosi: il piede continua a far male e le ricadute sono continue. Lo staff medico della Lazio dopo le terapie che risultano tutte fallimentari, decreta l’inabilità a riprendere la consueta attività agonistica. A Cristian non resta altro che optare per un doloroso e prematuro ritiro, lasciando così il calcio giocato.

Brocchi però non si arrende, è troppo giovane per lasciare il mondo del pallone. Se non può vivere il campo da giocatore, nulla gli impedisce di guidare una squadra da allenatore. Ma anche i tecnici devono fare la gavetta, con la differenza che lui ha un posto speciale nel cuore del presidente Berlusconi, che decide di affidargli le giovanili del Milan, alla guida della squadra degli Allievi professionisti di Prima e Seconda Divisione. Nel giugno 2014, sostituisce l’amico e collega Filippo Inzaghi al comando della squadra Primavera nel giugno 2014, quando a Super Pippo viene offerta la prima squadra. Ora lo stesso destino tocca a Brocchi e il suo curriculum da tecnico parla per lui. Il suo modulo preferito è il 4-3-3, schema che da sempre piace alla società, anche se al Milan, in questo particolare momento mancano gli interpreti per applicarlo. Predilige un calcio veloce, basato sul possesso palla molto vicino alle tattiche del Barcellona, con palla a terra e pressing asfissiante, volto a far cadere in errore i difensori. Cristian inoltre, ha anche le statistiche dalla sua parte: nelle giovanili infatti ha una parcentuale di vittorie del 57% in 61 partite disputate e una media punti di 1,84. A soli 40 anni, con tre campionati alle spalle, sembra l’uomo giusto per ricostruire una squadra allo sbando e senza identità, farla tornare grande e soprattutto non deludere la fiducia del presidente.

 

Foto: sito ufficiale Milan