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CLAUDIO RANIERI, UN UOMO PERBENE DIVENUTO LEGGENDA

03.05.2016 | 09:30

“Una vittoria da dedicare a tutti quanti: provateci e credeteci!”: il Leicester come metafora della vita, Claudio Ranieri – cui va attribuito il virgolettato – ce l’ha fatta. Ha coronato il sogno, suo, di una città intera e di tutti gli inguaribili romantici del pallone. Nel calcio dei fatturati, e dei nuovi ricchi, ha vinto il campionato più patinato del mondo, la Premier League dei petroldollari e delle multinazionali. Reduce da una travagliata salvezza, alla prima stagione dopo la promozione dalla Championship, in estate il Leicester era un topolino (travestito da volpe) nella giungla più feconda di esemplari. Ma è arrivato al traguardo da leone, o King se preferite, anche per riagganciarci allo stadio che ospita le gare casalinghe delle Foxes, il King Power Stadium. Sì, il tecnico testaccino, che in Italia mai era passato per stratega della panchina pur avendo guidato in carriera tutti i top club tranne il Milan, si è preso la soddisfazione più grande per un “coach”. Nemmeno la mente del più prolifico sceneggiatore hollywoodiano avrebbe potuto concepire questa rarità. Immortalità calcistica garantita. Una cavalcata straordinaria, che resterà scolpita nella ideale Hall of Fame delle imprese sportive che hanno travalicato i confini dell’epica. La classe operaia in paradiso, un qualcosa da tramandare realmente ai posteri. Quando Clattenburg ha fischiato tre volte a Stamfond Bridge, sancendo il 2-2 finale tra Chelsea e Tottenham, i suoi giocatori sono esplosi davanti alla tv, a casa di Jamie Vardy, l’attaccante tra i principali artefici del più sensazionale miracolo calcistico dell’epoca recente. Lui a casa del bomber non c’era, era appena rientrato dall’Italia, dove si era recato per trascorrere una giornata con la madre 96enne. Basterebbe questa immagine per sintetizzare, quasi con una gioiosa commozione, la genuinità di Ranieri. Signore del calcio lo era già, caratterialmente, per il suo modo di essere perbene e mai sopra le righe. Adesso lo è diventato nel senso più enfatico. Per tutti, sul carro alla corte di sua maestà ormai non c’è più posto. Il 64enne allenatore romano ha oscurato tutti e conquistato i diffidenti inglesi con risultati e simpatia, a colpi di “Pinocchio” e “dilly ding, dilly dong”. Dalla stampa, che ai tempi del Chelsea lo aveva ribattezzato Tinkerman (una sorta di perenne indeciso, che in qualche modo riesce a sfangarla), ai tifosi delle Foxes che lo idolatreranno ancor di più dopo aver vissuto la notte più lunga da supporters. In attesa che il sindaco Peter Soulsby dia il via alla rivoluzione toponomastica preannunciata un mese fa: sì, a Leicester ci sarà una Ranieri Road. E un altro spicchio verrà riservato a tutti i protagonisti: dai fenomenali gemelli del gol Vardy e Mahrez agli instancabili Kanté e Drinkwater, passando per il capitano Wes Morgan e l’altro colosso difensivo Huth per arrivare ad Albrighton, Fuchs, alle alternative di lusso Ulloa e Okazaki ed a Kasper Schmeichel, che da ieri non è più soltanto il figlio di Peter.   

 

Riassumendo, quanto più sinteticamente possibile, le tappe che hanno sin qui contraddistinto la carriera del nostro personaggio del giorno, Claudio nasce nella città eterna il 20 ottobre del 1951 e si accosta al mondo del calcio sgambettando con gli amici all’oratorio, per poi approdare nel settore giovanile della Roma e, dopo un cambio di ruolo radicale (da attaccante a difensore di fascia), assaporare anche l’ebbrezza della prima squadra con le 6 presenze raggranellate tra il 1972 e il 1974. Dopodiché la sua vita da giocatore si sviluppa interamente al sud: 8 anni (cinque dei quali in A) nel grande Catanzaro di Massimo Palanca, un biennio a Catania e altri due anni a Palermo, dove appende le scarpe al chiodo – alla soglia delle 35 primavere – al termine dell’annata 1985-86. Un paio di mesi dopo è già in panchina e, assunti i nuovi panni di allenatore, inizia a risalire lo Stivale ripartendo dalla “sua” Calabria alla guida della Vigor Lamezia in Interregionale. Una stagione alla Puteolana, quindi la chiamata del Cagliari degli Orrù, che conduce dalla C1 alla Serie A con un clamoroso doppio salto. Da quel momento in poi la strada si fa in discesa: NapoliFiorentinaValenciaAtletico Madrid, un quadriennio al Chelsea e ancora Valencia, dopo che il neo patron dei Blues Roman Abramovich lo manda a casa – fresco di secondo posto in Premier e semifinale di Champions – per fare spazio al rampante José Mourinho, con il quale mai prima di quest’anno il mite condottiero romano aveva intessuto cordiali rapporti. Lo spocchioso Special One ci aveva messo troppo del suo, per poi arrendersi davanti all’evidenza del miracolo Leicester. Ad ogni modo, il palmarès di Ranieri nel periodo consta di 1 Coppa Italia, 1 Supercoppa italiana (vinte a Firenze), 1 Coppa del Re e 1 Supercoppa Europea (conquistati con i taronges del “Mestalla”). Dopodiché il calcio lo mette in naftalina. Passano due – interminabili – anni dal 25 febbraio 2005, data dell’esonero rimediato al Valencia, al 12 febbraio del 2007, quando Ghirardi lo vuole al capezzale del Parma per risollevare le sorti dei ducali unitamente ad un giovanissimo neo acquisto, Giuseppe Rossi, prelevato in prestito dal Manchester United. Missione compiuta. Grazie a quella salvezza impossibile Ranieri risorge: dal 2007 al 2012 siede senza soluzione di continuità sulle prestigiose panchine di JuventusRoma, che lo chiama per raccogliere l’eredità del dimissionario Spalletti, e Inter, dove subentra a Gasperini dopo una manciata di giornate. Nessuna vittoria, piazzamenti Champions in serie e il sogno scudetto da profeta in patria, al timone dei giallorossi nel 2010, sfumato per mano dell’Inter di Mou che poi centrerà il Triplete. Nell’estate del 2012, qualche mese prima Moratti lo aveva rimosso dall’incarico a beneficio di Stramaccioni, il magnate russo Rybolovlev lo convoca nella dorata Montecarlo e gli affida il compito di riportare in Ligue 1 la compagine del Principato caduta in disgrazia. Claudio ci riesce, l’anno dopo il Monaco chiude secondo alle spalle della corazzata Paris Saint-Germain, ma al patron non basta e gli dà il benservito. Il mister tiberino però non demorde e il 25 luglio del 2014 diventa ct della Grecia. Dura pochissimo l’avventura nell’Ellade, terra martoriata da una crisi che va ben oltre il calcio: il 15 novembre successivo Ranieri paga infatti con il posto l’inopinato ko con le Fær Øer in un match valido per le qualificazioni europee. Siamo arrivati ai giorni nostri: da quel 13 luglio del 2015, data in cui appose la firma in calce al triennale sottopostogli dal Leicester, alla sera del 2 maggio. Chiamarla storia contemporanea sarebbe riduttivo. Claudio Ranieri, l’ex Normal One, da qualche ora è a tutti gli effetti una leggenda. (J.C.)

 

Foto: Daily Mirror