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CIAO MINO, MI HAI FATTO CRESCERE

22.03.2016 | 23:45

Ricordi dell’infanzia, indelebili. Un soffio di vento sempre caldo, caldissimo. Quando, ieri sera, mi hanno comunicato la notizia dell’improvvisa scomparsa di Mino Licordari, giornalista pioniere di Messina, è stato come se mi avessero portato via gli anni più belli per chi ha avuto voglia di crescere professionalmente e la fortuna di incrociare le persone giuste. Mino è stato tutto questo per me: erano i primi anni Ottanta, lui era l’incontrastato leader delle trasmissioni sportive sullo Stretto. Un cannolo da Billè, la focaccia di piazza Cairoli, io pendolare da Reggio: venti minuti di aliscafo e si accendeva un sogno. Le sue domeniche sportive, un modo originalissimo di portare dalla sua parte i telespettatori, uno per volta, quasi un “porta a porta” dai metodi affascinanti. Mino parlava, spiegava il calcio con la formula del talk, ma con la semplicità dell’amico che ti sembrava di conoscere da sempre. Io avevo sedici anni, frequentavo il liceo classico a Reggio e presto avrei studiato giurisprudenza a Messina. Ma volevo fare il giornalista sportivo, un virus di famiglia: in quegli anni Mino decise di prendere le esclusive di Reggina e Viola e mi convocò. “Hai talento, conosco tuo papà, vieni a lavorare con me”. Lavorare? Per me era una passione. Parliamo di 35 anni fa, prendevo l’aliscafo da Reggio quasi tutti i giorni, la sera spesso facevo tardi (soprattutto la domenica) e non sapevo come giustificare il mio rientro a casa ogni notte, a orari improbabili. “Con tuo padre ci parlo io”: già, perché dopo ogni trasmissione organizzava interminabili spaghettate a casa sua, con la regia dell’indimenticabile moglie Mariella, e ci spiegava cosa era andato bene e cosa andava migliorato. Non ti sentivi un allievo, anche se lui era il maestro. Dopo qualsiasi richiamo aveva una carezza, sapeva prenderti, sapeva spiegarti, ti entrava nel cuore. 
Lasciai Reggio alla fine degli anni Ottanta per andare al “Corriere dello Sport-Stadio”, portai con me quel forziere. Mino è stato l’apripista necessario e quando – molti anni dopo – andai a trovarlo da ospite delle sue trasmissioni, mi faceva arrossire con i suoi complimenti esagerati, con le sue ricostruzioni nostalgiche (“sei diventato bravo da solo, ti ricordi quella volta con il Professore Scoglio all’imbarcadero quando spiegava il calcio applicato al basket?”). Oggi non voglio avere un groppo in gola, quel soffio di vento resterà caldissimo dentro di me. Un abbraccio ai parenti, in modo particolare a Maurizio figlio d’arte.
Ciao Mino, grazie per sempre: mi hai fatto crescere. Saluta mio papà, un tuo grande amico. E il Prof… 

Foto: Facebook