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Balotelli a 360°: tra scelte fatte, errori che non ricommetterebbe e l’augurio per la Nazionale

26.03.2022 | 17:05

Balotelli

Mario Balotelli si apre umanamente, oltre che professionalmente, e lo fa ai microfoni di DAZN, in un’intervista nel corso della quale l’attaccante dell’Adana Demirspor ha toccato diversi temi: “Ho sempre diviso? In campo non devo essere come sono con le persone alle quali voglio bene, è a loro che devo dimostrare chi sono realmente, perché dovrei farlo con tutti?

Calcisticamente all’Adana sono felice, è una bella esperienza, soprattutto da quando è arrivato mister Montella. La vita è un po’ monotona ma ci sta, perché uno si sposta per motivi calcistici. All’inizio qui non era tutto rose e fiori, per fortuna che sono stati fatti determinati cambiamenti. Cosa mi manca dell’Italia? Tutto. 

Mario Balotelli come padre? Sono abbastanza paziente, se lo fossi anche in campo si parlerebbe di me come un angelo (ride, ndr). La mia famiglia africana? Hanno occupato un posto fondamentlale, perché sono i miei genitori, senza di loro non sarei qua, però nella crescita ho sempre detto che i miei genitori sono stati i Balotelli, per i quali ho tanta riconoscenza. Detto ciò, nel tempo ho dato la stessa importanza a entrambe le mie famiglie, sono quattro genitori sullo stesso livello. 

Razzismo e odio? Per quello che sta succedendo nel mondo, si va indietro e non avanti. Non ho mai percepito odio né dai tifosi del City né da quelli del Milan, mentre se qualcuno dell’Inter mi ha odiato in passato posso capirlo, perché ai nerazzurri ho dato tanto ma ho anche sbagliato. Non accetterei mai insulti razzisti, ma capirei l’eventuale malcontento. L’episodio della maglietta gettata? Non lo rifarei. Stavo troppo bene all’Inter, in quella partita contro il Barcellona ero anche entrato bene, ma non gradii i fischi al primo passaggio sbagliato, non mi era mai successo. Senza quell’episodio la mia carriera avrebbe preso un’altra strada, non so se migliore o meno. 

Sono andato al City e ho vinto subito la FA Cup, poi il campionato e il Community Shield: non so se con l’Inter di quegli anni avrei avuto gli stessi successi. Bandiera dell’Inter e fascia da Capitano? Quando sono arrivato all’Inter era quello l’obiettivo, con Moratti parlai di questo. Moratti è inarrivabile, con tutto il rispetto per gli altri grandi presidenti che ho avuto. Mi regalò una moneta d’oro, che ho ancora. Lì per lì non capii il gesto, ero giovane. Andai nello spogliatoio, la feci vedere a Materazzi che mi disse: “Sai che l’ha regalata a Ronaldo il Fenomeno, Recoba, Adriano e Ibra?”. Solo a queste quattro persone, allora lì intesi.

Mancini mi ha fatto partire con l’Inter: c’era Ibra che non sta benissimo, così come Adriano, ma erano disponibili Cruz e Crespo, all’epoca tra i più forti attaccanti al mondo, eppure ebbe il coraggio di mettere me. Lo scontro che avemmo al City? Una gran cagata, avevo fatto un fallo stupido in allenamento, una scivolata da dietro, lui stava giocando con noi, si è arrabbiato e mi ha spinto, ma tutto è finito lì, solo che i paparazzi hanno immortalato proprio quel momento. I paparazzi erano ovunque, alle volte li trovavo anche sugli alberi in giardino. 

Mourinho? Ho avuto un rapporto fantastico, alle volte ci sentiamo ancora. Ci sono state due-tre cose che non sono piaciute a me o lui e siamo arrivati allo scontro, ma tutto si è risolto.  Prandelli? Anche con lui mi sono trovato molto bene. È stato molto permissivo ma, allo stesso tempo, ugualmente rigido. Agli Europei sono stato molto bene con lui e con il gruppo, poi sono venute fuori mille storie su litigi, ma nulla era vero, con me nessuno ha litigato.

Il Milan? Quando sono arrivato, ho visto per la prima volta una famiglia. Berlusconi è un presidente che ha vinto, ti parla con fare simpatico, Galliani secondo me è colui che ha costruito quasi tutto. Entri in un mondo nuovo. Napoli? Se non fosse per De Laurentiis sarei a Napoli da dieci anni. Mancava l’intesa con il Presidente, ci sono stati contatti ma ha sempre messo un po’ i bastoni tra le ruote. Avrà avuto le sue ragioni. Bisognerebbe far parlare lui, perché io ho sempre detto anche a Mino che mi piacerebbe giocare lì, sarebbe un sogno, soprattutto dopo che è nata mia figlia. Sono innamorato di Napoli.

Il mio apice? Ho avuto tanti alti e bassi, non saprei indicarlo. Il Liverpool? Tifosi fantastici, stadio bellissimo e mi trovavo molto bene con i compagni. Avevo un po’ di problemi con l’allenatore, c’erano diverse idee calcistiche. È l’unica scelta che non farei più, assieme all’addio al City. Sarei dovuto andare alla Juventus, poi last minute è arrivato il Milan con Galliani: i rossoneri mi sono sempre piaciuti, al City avevo fatto un gol fino a gennaio e, anche se Mancini cercò di convincermi a restare, alla fine approdai in rossonero. Guardando la mia carriera, forse non era il momento giusto, per quanto fui felice di sposare il progetto Milan. 

Il mio momento più bello con la Nazionale? Gli Europei. A livello di club ho vinto tutto, l’unica cosa che magari posso rimpiangere è un successo con la Nazionale, ma speriamo che non sia troppo tardi. Tornare a giocare in Italia? La vedo dura. Cosa farò dopo il ritiro? Trovare talenti sarebbe bello e incoraggiante, parlerei ai ragazzi per dirgli le cose che ho fatto bene e quelle che ho fatto male, così da metterli in guardia ed evitargli tanti problemi. Allenare? No, non avrei la pazienza“.

Foto: Twitter Adana Denispor