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AVE, CESARE

14.06.2014 | 11:40

Ave, Cesare. E ora facci capire se le discrete sensazioni della vigilia possono tramutarsi in certezze. Abbiamo aspettato il Mondiale do Brasil con un’attesa infinita, con l’adrenalina che accompagna solitamente la vigilia dei grandi Eventi. E tu, sommo Prandelli, ci hai guidato con le tue scelte, magari non tutte condivisibili. Alcune opinabili, altre scontate, altre ancora con quel dubbio misto a perplessità che appartiene a qualsiasi commissario tecnico. Sarebbe stato impossibile accontentare tutti, le polemiche sono il sale e il pepe di ogni Evento che fa il giro del mondo. Normale. Forse è stato meno normale illudere Rossi fino all’ultimo secondo. Le spiegazioni di Prandelli hanno convinto poco, almeno non completamente. Se davvero Pepito sapeva che non avrebbe fatto parte dei 23, sarebbe stato giusto lasciarlo fuori già dalla pre-selezione. Ma tant’è: sono discorsi di ieri che, però, è come se appartenessero a dieci mesi fa. Si gioca.

Ave, Cesare. Abbiamo subito l’Inghilterra: facciamo in modo che i leoni siamo noi. E non loro. Prendiamoci subito questi tre punti, diamo un senso a questo metà giugno di caldo pazzesco, stress infinito e chissà quante emozioni ci aspettano. Abbiamo un rammarico: ci presentiamo al debutto senza mezzo scandalo, senza alcun casino, senza troppi veleni accompagnati da rancori. Peccato. Ironia a parte, funziona sempre così: quando il palazzo del calcio trema la reazione sul campo di solito è figlia, cugina e nipote di gente che tira fuori gli attributi. E che, dopo aver cantato l’inno di Mameli, risponde raddoppiando qualsiasi energia, senza tirare indietro il piede, centuplicando le forze. In sintesi, sbranando qualsiasi tipo di avversario. Ecco, appunto: i Leoni siamo noi. Non dimentichiamocelo, anche se arriviamo al primo atto in Brasile in modo soft e senza titoloni di meraviglia e stupore per qualcosa di tremendamente brutto. Ne aravamo abituati.

Ave, Cesare. Punti su Balotelli che ha deciso di sposare Fanny e che dovrebbe regalarci classe cristallina e potenza che solitamente propone a intermittenza. Ci basterebbe avere il Super Mario dell’ultimo Europeo, quello che flirtava con Cassano e che si metteva nel taschino chiunque, Germania compresa. Se dovesse andar male, faranno capolino i nostalgici di Ciro a papà, al secolo Immobile. Lo stesso Immobile che quasi tutti, era febbraio, ritenevano inidoneo per un’avventura così importante. Poi Ciro li ha smontati senza pietà, gol su gol, e sull’aereo per Rio ci è salito con l’orgoglio di chi ha scalato la montagna della gavetta. Fatti, non parole. Perché noi siamo fatti così: a 22 o 24 anni li riteniamo ancora giovani e acerbi, mentre da altre parti hanno già collezionato una cinquantina di presenze con la maglia più ambita, quella della Nazionale. Addirittura si era aperto il dibattito su Verratti: è solo il vice Pirlo, non fa l’interno, non è pronto, deve crescere. Prima che le bestemmie continuassero, qualcuno si è mosso le mani sulla coscienza. Meno male.

Ave, Cesare. Ora il resto conta zero. Chiacchiere, banalità, fumo che si alza. Lasciamo tutto in soffitta o in cantina. Si gioca. E niente scherzi. Non dobbiamo obbligatoriamente vincere. Ma vogliamo necessariamente provarci.