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AFELLAY IN SALSA GRECA, UN CALCIO ALLA MALA SORTE

17.09.2014 | 09:40

“Non mi capacito: prima il crociato a Barcellona, adesso tutti questi problemi muscolari. Nell’ultimo anno e mezzo ho passato molto più tempo a fare riabilitazione che non in campo. Credo di essere anche psicologicamente rotto, so che devo continuare a lavorare, io cerco di mettercela tutta, ma ci sono momenti in cui vengo assalito dai dubbi e penso che sia difficile continuare a giocare a calcio. Non so quando tornerò a essere disponibile, spero di tornare a indossare presto la maglia dello Schalke. Se c’è qualcuno che non vede l’ora arrivi quel giorno, quello sono io”. Firmato: Ibrahim Afellay.

Ne è passata di acqua sotto i ponti da quel 28 febbraio del 2013, quando l’esterno offensivo olandese (ai tempi militante nello Schalke a titolo temporaneo) aveva certificato tutto il suo disagio, al limite della depressione, per l’interminabile serie di guai fisici che aveva costellato l’ultima parte della sua carriera. Parole severe, non certo un’esasperazione della realtà, specie se si considera che anche successivamente la mala sorte continuò ad accanirsi contro di lui. Basta qualche numero per rendere l’idea: appena 22 le presenze accumulate nelle ultime tre stagioni, 11 da titolare, soltanto 25 minuti la scorsa annata all’ombra del Camp Nou.

Il grande sogno Barça definitivamente svanito, la parentesi intermedia a Gelsenkirchen deludente, poi – storia dello scorso 10 agosto, guarda caso il giorno delle stelle cadenti – l’annuncio del suo acquisto da parte dell’Olympiacos. Un anno in prestito, con l’eventuale possibilità di rimanere in Grecia per ulteriori due stagioni.

Sì, perché il vincolo con il Barcellona spirerà il 30 giugno prossimo, dopodiché il talento di Utrecht (città natale anche di un più conclamato campione costretto alla resa dagli infortuni, Marco Van Basten) sarà assolutamente libero di scegliere la sua prossima destinazione. I campioni ellenici, riservandosi il diritto di opzione, hanno scelto di portarsi avanti con il lavoro, scommettendo su Ibrahim. E il ragazzo ieri ha iniziato a ripagare la fiducia: in calce alla vittoria della compagine del Pireo contro l’Atletico Madrid vice campione d’Europa, gran sorpresa della prima serata di Champions, si staglia a caratteri cubitali la sua firma.

Prima la palla appoggiata a Masuaku, su corner corto, per il sinistro radente valso l’1-0, poi il gol del raddoppio sfruttando il velo del figliol prodigo Mitroglou: un diagonale che non ha lasciato scampo a Oblak, con Godin e Ansaldi impegnati a giocare alle belle statuine. Il Karaiskakis di Atene ai piedi di Afellay, che difficilmente dimenticherà quel boato fragoroso.

Per completare il quadro, nel ripercorrere le tappe che hanno segnato il precedente percorso del nostro personaggio del giorno, va ricordato che, dopo essere venuto alla luce da genitori di origini marocchine il 2 aprile del 1986, il piccolo Ibrahim iniziò a sgambettare – all’età di 4 anni – nell’USV Elinkwijk. Nel 1996 l’approdo nel vivaio del PSV Eindhoven, trafila delle giovanili completata fino all’esordio in prima squadra datato 4 febbraio 2004. Ben 217 le apparizioni totalizzate alle latitudini del Philips Stadion, con 41 gol all’attivo. Il tutto nell’arco di oltre 7 anni ricchi di soddisfazioni, a giudicare da un palmarès che annovera 4 Eredivisie, 1 Coppa nazionale e 1 Supercoppa d’Olanda. Quasi esclusivamente a fini statistici, al computo vanno aggiunti gli allori conquistati a Barcellona: 1 Liga, 1 Coppa del Re, 1 Supercoppa di Spagna, 1 Champions League, 1 Mondiale per Club e 1 Supercoppa europea.

Facendo i debiti scongiuri, il vento sembra finalmente essere cambiato e chissà, magari facendo bene con la maglia dell’Olympiacos, Afellay potrebbe anche riguadagnarsi la Nazionale, oggi guidata da quel Guus Hiddink che lo fece debuttare al PSV. C’è un ruolino orange da aggiornare, fermo attualmente a 44 presenze e 5 reti. E l’uomo, prima ancora che il calciatore, meriterebbe questo traguardo: sarebbe un premio alla sua voglia di non mollare mai. 

Foto: Marca