Storie Mondiali. 1962: vince il Brasile ma non il calcio

09/05/2014 | 13:00:00

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I Mondiali sono sempre più vicini. Abbiamo pensato di riproporvi il racconto delle singole edizioni, partendo dal 1930. Una cavalcata emozionante che ci porterà all’evento brasiliano dopo aver ripercorso le tappe più significative dell’appuntamento da sempre più atteso.

Il Mondiale che va in scena in Cile nel 1962 non è di quelli belli da ricordare. Non si assiste a un gioco spettacolare nonostante la presenza di grandi campioni. Piuttosto ai loro infortuni a causa di un gioco scorretto, episodi violenti, arbitraggi discutibili, espulsioni ad hoc per mettere fuori gioco calciatori che in campo fanno la differenza. Non è questo lo spettacolo che vogliamo vedere.

Discutibile è già la scelta del paese ospitante. Il Cile non è politicamente ed economicamente all’altezza ma il governo si augura che la manifestazione risvegli uno spirito nazionalista che unisca il paese. Ad aggravare la situazione economica non certo fiorente, il terribile terremoto del 1960 che provoca distruzione e tanti morti. Le pressioni sulla Fifa sono, però, tali che la scelta non cambia, il Cile ospita la settima edizione del Mondiale.

Due giornalisti italiani, su tutti, non ci stanno a questa decisione. Ecco allora che gli articoli che scrivono dal Cile per l’Italia sono critiche durissime: “Un campionato del mondo a tredicimila chilometri di distanza è pura follia. Il Cile è piccolo, è povero, è fiero: ha accettato di organizzare questa edizione della Coppa Rimet, come Mussolini accettò di mandare la nostra aviazione a bombardare Londra. La capitale dispone di settecento posti letto. Il telefono non funziona. I tassì sono rari come i mariti fedeli. Un cablogramma per l’Europa costa un occhio della testa. Una lettera impiega cinque giorni”. (Antonio Ghirelli, Corriere della Sera). “Denutrizione, prostituzione, analfabetismo, alcolismo, miseria, sotto questi aspetti il Cile è terribile e Santiago dolorosamente viva, e tanto viva da perdere persino le sue caratteristiche di città anonima”. (Corrado Pizzinelli, La Nazione).

Va da sé che il Cile non gradisce questa cattiva pubblicità, si sente offeso e aspetta solo il momento giusto per togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Ed eccola l’occasione: seconda partita del girone eliminatorio, l’Italia deve affrontare i padroni di casa. La stampa locale aizza i cileni con una campagna stampa montata ad arte. L’Italia è colpevole doppiamente: non solo per quegli articoli ma anche perché schiera gli oriundi considerati in patria dei traditori. Lo stadio è pieno di cileni. Gli stadi si riempiono solo quando gioca il Cile. Gli azzurri offrono fiori in segno di riconciliazione. Ma vengono rispediti al mittente, accompagnati da fischi. Ad arbitrare l’incontro c’è l’inglese Aston. Ironia della sorte, l’Italia ha respinto una camicia nera spagnola che potesse favorire il Cile per ritrovarsi,per dirla con Brera, “l’ineffabile carogna inglese”. Sui ct italiani, Mazza e Ferrari, piovono polemiche perché mandano in campo una formazione che risente delle influenze di alcuni giornalisti, tra cui lo stesso Brera. Non giocano Rivera, Bulgarelli, Losi e Sormani a cui all’ultimo momento viene preferito Altafini. Quella a cui si assiste non è una partita ma una battaglia, la “Battaglia di Santiago”, così verrà ricordata. Volano pugni, due tristemente memorabili di Leonel Sanchez ai danni di Maschio, dopo l’espulsione di Ferrini, e l’altro a Mario David. L’arbitro stranamente non nota nulla, è sempre di spalle. Si accorge solo delle reazioni degli azzurri, ripetutamente provocati, e manda fuori David che la restituisce a Sanchez. In questo caso vede perfettamente. L’Italia è in nove, Maschio con il naso rotto difende lo 0-0. Ma a un quarto d’ora dalla fine a far crollare l’Italia arriva prima il gol di Ramirez e poi quello di Toro, cogliendo impreparato il portiere azzurro. Brutta partita all’insegna della rissa. L’arbitro dopo aver favorito così spudoratamente i cileni, dichiara che è stato tentato più volte dall’idea di sospendere la partita ma non ne ha avuto il coraggio, temendo molto di più la reazione del pubblico. Il Mondiale degli azzurri finisce così, inutile il successivo 3-0 con la Svizzera che non serve per continuare la corsa.

La favola cilena, invece, può proseguire, seminando altre vittime. Nella partita con l’Urss, ai quarti di finale, il bersaglio è il grande portiere Lev Yashin che subisce un colpo alla testa da Landa e stordito non riesce a parare due gol per lui evitabili. Anche il giocatore russo Dubinski riporta una frattura a tibia e perone.

E battaglia è anche la semifinale tra il Brasile, campione in carica, e il Cile. I verdeoro non possono contare sull’astro nascente al Mondiale precedente. Pelè lascia il segno firmando un gol nella partita d’esordio con il Messico (2-0) ma già dalla seconda gara con la Cecoslovacchia (0-0) deve salutare la competizione a causa di un brutto stiramento all’inguine. Rischia il Brasile con la Spagna di Helenio Herrera, orfano di tre giocatori fratturatisi nello scontro con la Cecoslovacchia. Ma con l’aiuto dell’arbitro Bustamante, cileno, sospettato poi di corruzione, che annulla agli spagnoli un gol e un rigore netto su fallo di Nilton Santos, si porta in vantaggio nell’ultimo quarto d’ora con una doppietta del giovane Amarildo, chiamato a prendere il posto di “O Rey” (2-1).

Ma l’uomo di questo Brasile è Garrincha, un autentico campione a dispetto dei difetti fisici per i quali da ragazzino è stato considerato inadatto per il calcio, un incantatore con le sue giocate imprevedibili, un estroso dribblomane. Quando lui si carica sulle spalle la squadra, divenendo fulcro e guida per i compagni, allora si rivede il bel gioco, il Brasile campione. Nei quarti con l’Inghilterra (3-1) fa impazzire il difensore Wilson e sorprende due volte il portiere Springett. Anche nel gol di Vavà ci mette lui lo zampino servendolo con un tiro molto preciso.

E’ in semifinale con i padroni di casa che succede di tutto. Il Nacional di Santiago non è campo di gioco ma di battaglia. Garrincha trascina il Brasile e firma subito due gol. I cileni rispondono con una rete di Toro su punizione. Ci pensa Vavà a chiudere la partita con una doppietta, intervallata dal gol di Sanchez su rigore. Negli ultimi minuti, però, il bersaglio dei colpi bassi dei cileni è Garrincha. L’arbitro deve espellere il fallosissimo Landa ma subito dopo anche l’ala destra brasiliana che, non potendone più dei numerosissimi calci ricevuti da Rojas, restituisce con la stessa moneta, “gli ho insegnato come si fa a calciare sul serio”. Quando esce dal campo, una pietra lanciata dagli spalti lo colpisce alla testa, procurandogli una brutta ferita e tre punti di sutura.

Se i cileni vengono fermati al terzo posto, per i brasiliani che devono affrontare l’altra semifinalista, la Cecoslovacchia che ha battuto la Jugoslavia, si mette male senza il vero trascinatore. Misteriosamente, però, il governo brasiliano, dopo aver esercitato pressioni, riesce ad ottenere che Garrincha, nonostante l’espulsione, scenda in campo. Per fortuna il clima della partita è molto diverso, è all’insegna del fair play. La Cecoslovacchia vanta due campioni: il portiere Schroif e il grande dribblatore Masopust, Pallone d’oro a fine anno, in primo piano in questa partita, per motivi opposti. Masopust perché nel primo quarto d’ora sblocca il risultato e il secondo perché stranamente si fa cogliere impreparato per ben tre volte da Amarildo, Zito e Vavà.

Il Brasile fa il bis, come l’Italia vince due Mondiali consecutivi.

                                                                                                                                                                  Patrizia Liso

 

 

TABELLINO DELLA FINALE

BRASILE-CECOSLOVACCHIA 3-1 (Santiago del Cile, 17 giugno 1962)

 

Brasile: Gilmar; D. Santos, N. Santos; Zito, Mauro, Zozimo, Garrincha, Didí, Vavá, Amarildo, Zagalo. Ct: Moreira


Cecoslovacchia: Schroif; Tichy, Novak, Pluskal, Popluhar, Masopust, Pospichal, Scherer, Kvasnak, Kadraba, Jelinek. Ct: Vytlacil 


Arbitro: Latychev (URSS)

Marcatori: 15′  Masopust (CEC), 17′ Amarildo (BRA), 69′  Zito (BRA), 78′ Vavá (BRA)

 

 

 

1a puntata: Storie Mondiali. 1930: il trionfo dell’Uruguay
2a puntata: Storie Mondiali. 1934: trionfo azzurro tra le polemiche
3a puntata: Storie Mondiali. 1938: l’Italia più forte di tutto
4a puntata: Storie Mondiali. 1950: Brasile, lacrime uruguayane
5a puntata: Storie Mondiali. 1954: Germania Ovest che sorpresa!
6a puntata: Storie Mondiali. 1958: riscatto e strapotere verdeoro