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“Sono Gaspare, ecco come mi sono imbucato nella finale di Champions”

30.05.2016 | 20:00

In principio fu il Palermo, poi venne l’epoca d’oro col Napoli (dalla consegna della Coppa Italia 2012 al blitz all’Emirates Stadium, catino dell’Arsenal), stavolta – dopo un paio d’anni di silenzio, al di là del Daspo annuale già ‘scontato’ – Gaspare Galasso ha alzato al massimo l’asticella, riuscendo a fare realmente le cose in grande. Il ventitreenne siciliano, messinese doc, appare in moltissime foto della premiazione del Real Madrid, laureatosi due sere fa campione d’Europa in quel di San Siro, ancora una volta sulla pelle dei cugini dell’Atletico. Già, quando capitan Sergio Ramos ha alzato la Champions al cielo di Milano, il “re delle imbucate” era a pochi centimetri di distanza, vestito elegantemente e quindi facilmente riconoscibile nel palco d’onore in seno alla marea Blanca. Dopo aver eluso la security del “Meazza”, complici una spilla della finale e un porta badge legato al collo, e fatto incetta di selfie (come potrete vedere nella sezione foto gallery), Gaspare ha assistito al match dalla tribuna autorità (“di fatto accanto a Florentino Perez”), e – nei festaioli frangenti post triplice fischio – è riuscito a strappare un autoscatto proprio a Sergio Ramos, l’hombre de las finales, direttamente in campo. Infine, per chiudere in bellezza la serata, è sfilato con tutto l’organico delle Merengues che andava a prendersi materialmente la Coppa. Intrufolandosi anche al momento dell’Undécima apoteosi della storia dei Galácticos.

Una sorta di “autorità” in materia, roba da meritarsi ad honorem l’assunzione in un servizio di intelligence, volendo guardare l’altra faccia della medaglia senza spendere riflessioni, ovvie, sulla fallacità del servizio di sicurezza. Ad ogni modo, abbiamo intervistato Galasso, l’intruso per eccellenza, in esclusiva per il nostro sito, ecco le sue dichiarazioni.  

 

Gaspare, perché lo fai? È stata la tua ultima incursione per chiudere col botto?

“Non lo so, non metto un punto, ma per il momento direi che va bene così. Lo faccio innanzitutto per goliardia e divertimento, credo sia il sogno di tutti poter vivere in prima linea determinati eventi, stando al fianco dei propri beniamini. Poi è diventata anche una sorta di sfida con me stesso, gli amici mi pungolano, magari mi dicono ‘a tutto c’è un limite, lì non riuscirai ad imbucarti…’ ed io accetto volentieri il guanto di sfida. Ma c’è dell’altro”.  

 

Noi celebriamo la goliardia ma è innegabile che ci siano anche dei pesanti risvolti riguardanti la sicurezza, per quanto il presidente Tavecchio avesse parlato di ‘organizzazione esemplare’.

“Assolutamente sì, proprio qui volevo arrivare e mi piace che si metta l’accento soprattutto su questo aspetto. Come ho mostrato sia nelle foto che nel video pubblicati sul mio profilo Facebook, io, un semplice ragazzo di 23 anni, praticamente ho avuto libero accesso alla tribuna autorità per tutta la finale di Champions League, l’evento calcistico più importante dell’anno. Da quelle parole (‘E proprio a me lo chiedi il biglietto?’), proferite al primo stewart, al momento della premiazione è stata una costante, per un’altra ventina di volte ho girato praticamente indisturbato, ottenendo di volta in volta che mi venissero aperti i vari accessi, compreso quello per il rettangolo di gioco. Ora mi chiedo: cosa sarebbe successo se al posto mio ci fosse stato un criminale? Staremmo ancora contando le vittime, anche eccellenti, di una strage”.  

 

Sostanzialmente con la logica sottintesa del “Lei non sa chi sono io”, sempre attuale.

“Praticamente sì, è bastato questo. Oltretutto prima e durante la gara, trovandomi a parlare con personalità di quel livello, tutte gentilissime peraltro, non ho mai dovuto giustificare la mia presenza, io facevo semplicemente intendere che ero uno ‘importante’, che quello era il mio posto. Mi sono trovato a parlare di Milan con Galliani, Kaladze e Maldini, a vedere la finale di fatto accanto a Florentino Perez ed a farmi i selfie con lui, Cannavaro, Sheva, Zanetti, Bocelli, Aubameyang e via discorrendo”.

 

Svelaci qualche retroscena in più della serata…   

“Diciamo che ho fatto non il doppio ma il triplo gioco. Ho utilizzato non solo la spilla ufficiale della finale e il porta badge attorno al collo, seminascosto con l’effetto ‘vedo non vedo’, fondamentali per spacciarmi per un membro dello staff o della sicurezza, ma anche uno stemma del Real Madrid, una patch staccata dalla maglia da calcio che potevo attaccare alla giacca”.

 

Fra poco più di 10 giorni inizieranno gli Europei, con la Francia che è stata già colpita lo scorso novembre dalla follia del terrorismo. In definitiva secondo te sarà possibile garantire davvero l’incolumità degli spettatori all’interno degli impianti?

“Dispiace dirlo, ma secondo me no. Al di là delle mie particolari ‘doti’, il ragionamento è il seguente: se io ho potuto fare quello che ho fatto, nel settore più esclusivo di un San Siro blindato per la finale di Champions, come si fa ad essere certi di garantire la sicurezza negli stadi in tutti gli altri settori destinati ai ‘normali’ spettatori? Servirebbero davvero dei controlli singoli, andrebbero monitorati uno per uno, ma ovviamente non è un qualcosa di fattibile con svariate decine di migliaia di persone. Fermo restando che sicuramente il Paese organizzatore e l’Uefa faranno il massimo per vigilare a 360 gradi su tutto ciò che farà da contorno ad ogni partita di Euro 2016”.

 

@JodyColletti 

 

Foto: profilo Facebook Gaspare Galasso