Mihajlovic: “Il calcio mi ha dato la forza di superare la malattia. Razzismo? A Firenze mi chiamavano zingaro”

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Sinisa Mihajlovic, tecnico del Bologna, è stato ospite sul palco del Festival dello Sport di Trento, ha parlato di tanti temi, della malattia, il razzismo, le esperienze in panchina.



Queste le sue parole partendo dalla Fiorentina: “Io mi sono divertito a Firenze, perché per me era bello. La cosa più brutta è l’indifferenza. Se mi applaudono mi fa piacere, se mi fischiano non è che mi dispiace. Là mi fischiavano tutti, era bello proprio. Lì erano i tifosi miei a dirmi zingaro di merda. Per me era una soddisfazione. Là ero proprio odiato da tutti, adesso no. Ne ho picchiati due, uno in tribuna, l’altro in città. Quando sei dentro il campo e ti insultano, ok. Quando sei vicino non puoi fare finta di niente”.

Esperienza alla Lazio: “Bella esperienza, eravamo una squadra cattiva. C’eravamo io, Couto e Stam, bastava vederlo, anche se era un pezzo di pane. Ricordo una partita. Lui aveva avuto uno screzio con Pippo Inzaghi, noi avevamo in squadra Simone. Che mi diceva che gli avrebbe fatto vedere qualcosa… Poi arriva Stam, si spoglia, è un armadio, pelato, con i muscoli, tutto tatuato. “Ora vai a dirgli due cose… Ma sei matto, guarda quanto è grosso quello”. In campo io e Couto andavamo a minacce, io litigavo e lui menava, oppure il contrario. Perché se litigavo e menavo, l’arbitro mi dava giallo. Ora ogni contatto è fallo, non c’è più gusto”.



Allenatore del Milan: “Devo dire che per me è stato un onore essere l’allenatore del Milan e conoscere Berlusconi. Tra di noi non è andata troppo bene, forse anche per incompatibilità caratteriale, difficile che mi faccia mettere i piedi in testa. Lui vuole sempre, forse anche giustamente, quello che comanda. Il tempo passato con lui, nelle cene e i racconti, non potrò mai dimenticarlo. Quando lo vedo lo ringrazio, per me è sicuramente un periodo dal punto di vista personale ed emotivo è stato molto molto bello. Non finirò mai di ringraziarlo, sia lui che Galliani, perché mi ha permesso di essere l’allenatore del Milan anche se non era quello degli anni precedenti. Berlusconi stesso non era il presidente di una volta, ma sono stato bene e sono contento di essere stato là. Come dice Trapattoni: ci sono due gruppi di allenatori, quelli esonerati e quelli che saranno esonerati”.

Sulla malattia: “Io ogni mattina facevo esami del sangue, dopo un ciclo di chemioterapia ti ammazzano i globuli bianchi e tutto, poi devono risalire. Ogni cosa deve avere il suo tempo. Io giovedì avevo 250, sabato c’era la partita, quindi ho detto al dottore che non sarei stato così scemo da andare senza permesso. Il dottore ha capito che per me, dal punto di vista mentale, mi avrebbe aiutato molto di più. Mi ha detto se tu superi 500 globuli bianchi io ti lascio, anche se sono pochissimi. Io mi sono messo a piangere, gli ho detto che avrei parlato con i globuli bianchi. Al sabato mattina ne avevo 450… Mi sono di nuovo messo a piangere, “Se io rimango qui muoio, se esco vedrai che ho 100 mila globuli bianchi”. Ha capito la mia richiesta e mi ha lasciato andare. Era la prima volta dopo 40 giorni che facevo una camminata. Dalla stanza da letto a prendere la macchina ci ho messo mezz’ora, facevo due passi e mi mettevo seduto. Avevo giramenti di testa e tutto”.