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Sabatini, il divorzio con Suning, i rubinetti e quelle parole di fine febbraio

29.03.2018 | 00:10

Quando una storia finisce, 90 volte su 100, scatta la fatidica domanda: chi ha lasciato chi? Se nella vita sarebbe sempre meglio non ficcare il naso nelle vicende altrui, nel calcio il discorso non può funzionare allo stesso modo. Il riferimento è chiaramente al divorzio fra Walter Sabatini e Suning. È durata meno di un anno l’avventura dell’ex direttore sportivo della Roma in seno al gruppo cinese al quale fanno capo Inter e Jiangsu, dal 10 maggio del 2017 al 28 marzo 2018. Un periodo durante il quale il sessantaduenne dirigente umbro ha inciso obiettivamente poco. Lui stesso, ieri, in sede di commiato giornalistico ha proferito quell’ “Avrei voluto costruire molto di più” relativo all’Inter, ma estendibile anche al club della Chinese Super League. Con la differenza che in Oriente Sabatini ha portato Fabio Capello, che dopo aver centrato la salvezza nella scorsa stagione quest’anno aveva iniziato male il campionato, al punto da risolvere anch’egli il contratto.

Ma la sensazione, nel ricercare le chiavi di lettura, è che il rendimento conti relativamente poco. “Motivazioni personali”, così ha liquidato la questione il Ceo nerazzurro Antonello. Ma potrebbe anche essersi trattato di una questione di…rubinetti. Inizialmente aperti, questi perlomeno erano i presupposti con i quali il buon Walter accettò l’offerta di coordinatore tecnico Suning, anche con l’opportunità di supportare Piero Ausilio in nerazzurro. Fermo restando che per Spalletti aveva fatto tutto il diesse regolarmente in carica. Con il tecnico di Certaldo Sabatini aveva sì lavorato a Roma, ma dopo aver difeso fino alla fine Rudi Garcia: don Luciano nella Capitale fu una scelta di Pallotta per espressa ammissione del presidente. All’inizio, la scorsa primavera, in casa Inter si facevano determinati discorsi in chiave mercato, poi archiviati già a metà estate tra paletti del FPF e celeberrima stretta del Governo cinese. A gennaio, poi, Saba aveva ottimamente apparecchiato il colpo Pastore (suo figlio calcistico) ma sul più bello non aveva ottenuto l’avallo della proprietà. E al riguardo ci tornano in mente le dichiarazioni del 26 febbraio, quando nel commentare il mancato trasferimento di Alex Teixeira dal Jiangsu al Corinthians, Walter se ne uscì con quel “Non si fa più, la proprietà alla fine ha cambiato idea. Capita di frequente”. Parole che oggi rimbombano quasi come un petardo in chiesa. Oltretutto lo stesso Jiangsu sul mercato non ha più battuto colpi alla Teixeira o Ramires, tant’è che a gennaio i principali acquisti sono stati due vecchie conoscenze del nostro calcio, Gabriel Paletta e Richmond Boakye. Nulla a che vedere con gli ingaggi in doppia cifra percepiti dai brasiliani suddetti o dallo stesso Capello.

A questo punto, posto che la situazione all’Inter adesso sarà meno equivoca (e Ausilio ha già lavorato bene per Lautaro Martinez e De Vrij, avvicinandosi molto anche ad Asamoah), si impongono un paio di interrogativi. Con quali prospettive Zhang Jindong affronterà la prossima stagione? Non è che per caso, al di là di FPF e limitazioni governative, Mister Suning si è accorto che per il gruppo i ritorni dall’asset calcio sono inferiori a quanto preventivato? Domande alle quali la proprietà è chiamata a rispondere quanto prima perché “L’Inter è l’Inter”, Walter dixit, e sui famosi rubinetti va fatta chiarezza una volta per tutte.

Foto: screenshot sportitalia