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JULIO CESAR, SARACINESCA VERDEORO CON L’INTER NEL CUORE

27.05.2016 | 10:54

“Di tempo ne è passato, ma sono ancora qua”, si sente riecheggiare da mesi ormai in tutti gli stadi d’Italia, ispirandosi al successo dei Righeira del 1985, “L’estate sta finendo”. E sarebbe proprio questo il passaggio del coro che calza a pennello quando si parla di Júlio César Soares Espíndola, per tutti semplicemente Julio Cesar. Che il prossimo 3 settembre compirà 37 anni, ma che continua a garantire quella continuità di rendimento tale da fargli meritare il rinnovo fino al 2018. Quando di anni ne avrà 39. Un passaggio quasi obbligato, per la dirigenza del Benfica, che da quando ha avuto l’onore di accoglierlo nella propria rosa (era l’estate del 2014) ha incrementato la propria bacheca con tre titoli nazionali: 2 scudetti e 1 Coppa di Lega. Ma la carriera e i numeri del portierone di Duque de Caxias parlano da soli. L’esordio tra i professionisti è datato 1997, con la maglia del Flamengo. Ben sette stagioni, condite da 4 campionati carioca, 3 Taça Guanabara, 1 Taça Rio, 1 Copa dos Campeões e 1 Coppa Mercosur. Ma la stoffa del futuro campione si è vista sin dall’inizio – e si è confermata negli anni – anche in Nazionale: la vittoria del Mondiale Under 20 nel 1997, il bronzo nel campionato sudamericano Sub-20 due stagioni più tardi, fino ai successi più recenti, cioè la Coppa America (2004) e le due Confederations Cup (2009 e 2013). Un percorso lungo e brillante, snodatosi mentre a livello di club cresceva esponenzialmente la sua fama e le sue prestazioni. Ed è proprio qui che si colloca la sua parentesi più rosea: quella italiana.


A portarlo nel Belpaese è l’Inter, nell’estate del 2005. Non avendo però posti liberi per tesserare extracomunitari, viene parcheggiato per dodici mesi al Chievo. A Verona ancora non sanno che di lì a poco sarebbe diventato uno dei portieri più vincenti nella storia del calcio brasiliano. Esordisce finalmente in A il 28 agosto 2005, nella vittoria per 3-0 sul Treviso. Evidentemente il numero 7 è quello che gli ha portato maggior fortuna in carriera: sette come le annate ricche di successi in patria, le stesse vissute a Milano. Prima agli ordini di Mancini, poi di Mourinho. E coronate così: 5 scudetti, 4 Supercoppe italiane, 3 Coppe Italia. Poi, ovviamente, i due trofei più ambiti: la Champions League e il Mondiale per club, nel 2010, anno magico per tutta la tifoseria nerazzurra. Inconfondibile la sua reattività tra i pali, la sua abilità nel respingere i calci di rigore, il suo carisma e la sua voglia di scherzare dentro e fuori dal rettangolo verde. A proposito di riflessi felini: per informazioni chiedere a un certo Leo Messi, che il 28 aprile del 2010, giorno della semifinale di ritorno di Champions, fece partire un tiro a giro dai 18 metri destinato all’angolino basso che avrebbe spalancato le porte a una pressoché agevole rimonta dopo il ko subito a San Siro (3-1) all’andata. Il 90% degli estremi difensori non avrebbe potuto fare nulla, Julio Cesar deviò quella palla in angolo. Ancora oggi resta impresso il volto quasi sconvolto della Pulce dopo quell’intervento. Prima di sbarcare in Portogallo, due fugaci esperienze con Qpr e Toronto. Ma, ovunque sia andato, al centro del suo cuore è rimasta l’Inter a occupare un enorme spazio. Affetto assolutamente ricambiato. Provate a fermare oggi un ventenne interista in Piazza del Duomo e chiedetegli chi è il suo portiere preferito. La risposta, dentro di voi, la conoscerete già.
 

Foto: Benfica on Twitter