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JOSÉ MOURINHO, L’OLD TRAFFORD PER TORNARE SPECIAL

28.05.2016 | 09:30

Da mesi era il segreto di Pulcinella, malgrado certa stampa – soprattutto inglese ma non solo – avesse provato ad insinuare dubbi di ogni genere. Ieri qualsiasi dubbio è stato fugato, con l’annuncio del Manchester United che ha ufficialmente inaugurato l’era Mourinho. Un tormentone giunto al termine dopo oltre 5 mesi. Se ne parlava dal periodo natalizio: già nei giorni successivi all’inevitabile addio al Chelsea (datato 17 dicembre), dopo una prima parte di stagione shock, i tabloid britannici avevano prefigurato lo scenario, paventando addirittura un clamoroso ribaltone a cavallo di Capodanno. Invece i Red Devils, malgrado i risultati deficitari in Premier League e l’eliminazione da entrambe le Coppe europee, hanno deciso contro ogni logica di andare avanti con Van Gaal. È vero che alla fine la linea della proprietà è stata parzialmente ripagata, dalla vittoria della dodicesima Coppa d’Inghilterra sulla pelle del Crystal Palace, ma forse, con un diverso condottiero, i rossi di Manchester avrebbero ottenuto il punticino in più che sarebbe bastato per agguantare quel 4° posto che, è bene ricordarlo, in terra d’Albione vale ancora il preliminare di Champions. L’accordo era blindatissimo, non a caso qualche giorno fa vi avevamo svelato il succoso retroscena riguardante la penale monstre da 12 milioni che entrambe le parti si erano vicendevolmente impegnate a corrispondere se, per qualsivoglia motivo, avessero poi deciso di venire meno all’impegno già preso. 

 

“Diventare il manager del Manchester Utd è un onore speciale. C’è un qualcosa di mistico e romantico qui, imparagonabile ad altre societàHo sempre percepito un’affinità con l’Old Trafford: è stato contenitore di importanti ricordi della mia carriera e ho sempre apprezzato il rapporto avuto con i tifosi dello United. Non vedo l’ora che arrivi il 7 luglio per iniziare questa avventura e godere del loro magnifico supporto negli anni a venire. Credo di essere arrivato nel momento giusto in uno dei club che considero giganti. E i club giganti sono fatti per i grandi allenatori. Non dobbiamo pensare agli ultimi 3 anni, ma alla storia del Manchester United”. Queste le prime dichiarazioni rilasciate da Mou ai canali ufficiali del club dei Glazer ma, sorvolando sulla chiosa all’insegna della “modestia” che lo ha sempre contraddistinto, va detto che in questo caso non si tratta delle solite parole di circostanza. Lo Special One queste cose dello United le ha sempre pensate, basta ripescare un vecchio virgolettato risalente all’8 marzo del 2009 per rendersene conto: “Manchester United? Un club prestigiosissimo. Sarei io il tecnico ideale per il dopo Ferguson, presto o tardi Sir Alex si ritirerà”. E il diretto interessato, un mese dopo, aveva pubblicamente sposato la tesi: “È vero, per quando lascerò, il profilo ideale sarebbe quello di José”. Un endorsement, quello di Alex Ferguson, concretizzatosi nella nomina arrivata 7 anni dopo, a suggellare un faraonico triennale, con opzione per un’ulteriore stagione, da circa 59 milioni.

 

José Mário dos Santos Mourinho Félix nasce a Setubal il 26 gennaio del 1963. Figlio d’arte (il padre Felix difese i pali di Vitoria Setubal e Belenenses, team guidati anche da tecnico), si accosta al mondo del calcio formandosi nel settore giovanile di União Leiria e Belenenses, compagine quest’ultima che lo vede protagonista – da difensore – anche in prima squadra, unitamente a Rio Ave, Sesimbra, Comercio e Industria, società inferiori e misconosciute le ultime due, a conferma di doti non certo eccelse del Mou giocatore che infatti, all’età di 24 anni, intuisce che il suo ruolo nello sport più bello del mondo non è quello. E si ritira. Laureatosi in Educazione Fisica, il prof. Mourinho inizia ad allenare gli allievi del Vitoria Setubal, poi si cimenta come assistente nell’Estrela Amadora, 4 anni prima del salto allo Sporting Lisbona negli stessi panni agli ordini di Bobby Robson, che lo porta con sé prima al Porto e poi al Barcellona, promuovendolo vice in entrambi casi. Mansioni ricoperte sempre all’ombra del Camp Nou fino al 2000, alle spalle dello stesso Louis Van Gaal che ieri ha sostituito formalmente. Nel 2000 il primo assaggio da allenatore in prima: 9 partite al Benfica, quindi, siamo nel gennaio 2001, torna a Leiria, incantando al timone dell’União al punto da guadagnarsi dopo soli 11 mesi la chiamata del Porto. Il resto è storia nota, servirebbe una monografia per approfondirla nei dettagli. Dopo il Triplete “piccolo” (con la Coppa Uefa), a consacrarlo nell’olimpo dei mister è la vittoria della Champions League nel 2004 con i Dragões, poi bissata nel 2010 per la gioia dell’Inter all’interno del Triplete classico a tinte nerazzurre. In totale sono 22 i titoli (o “tituli”, per dirla alla sua maniera) conquistati in panchina: 2 campionati portoghesi, 1 Coppa di Portogallo, 1 Supercoppa di Portogallo, 3 Premier League, 1 Coppa d’Inghilterra, 3 Coppe di Lega inglese, 1 Community Shield, 2 scudetti, 1 Coppa Italia, 1 Supercoppa italiana, 1 Liga, 1 Coppa del Re, 1 Supercoppa di Spagna, 1 Coppa Uefa e le 2 Champions già ricordate. Manca all’appello il Mondiale per club (ex Coppa Intercontinentale), mai disputato dal momento che dopo entrambi i trionfi nella ex Coppa dei Campioni ha lasciato – immediatamente e da vincente – i club in questione. Dopo l’esperienza al Porto, il primo positivo triennio al Chelsea, quindi – dopo una sorta di anno sabbatico – il fortunato biennio alla corte di Moratti, tre travagliatissime stagioni al Real Madrid prima di tornare da Abramovich a Stamford Bridge. Prima annata ok, seconda da dimenticare. Adesso il Manchester United: nuova intrigante sfida, nuovo  munifico contratto con solito mega budget sul mercato. Personaggio mediatico senza pari, capace di calamitare su di sé tutte le attenzioni pur di preservare il gruppo, negli ultimi tempi la sua immagine è stata un po’ scalfita da qualche incompiuta di troppo. Ma José, all’Old Trafford, vuole tornare ad essere Special. 

 

Foto: Twitter Premier League