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IL SIGNOR SCASSANO

02.03.2013 | 20:10

Agosto 2012, Cassano fresco di nomina all’Inter. Mi chiedono: “Quanto dura l’idillio?. Rispondo: “Sei mesi”. Insistono: “Perché?”. “Ma perché Cassano è questo, ha avuto problemi con tutti. Non conosce il rispetto, al massimo lo pretende”. Aveva appena garantito che andare all’Inter era il sogno (coronato) di una vita, fremeva per indossare la maglia della squadra del cuore. Aveva detto più o meno le stesse cose quando aveva lasciato Bari per andare alla Roma. Quando si era ritrovato nella casa dorata del Real Madrid. Quando era andato alla Samp. E il giorno dell’arrivo al Milan aveva sussurrato: “Se stavolta sbagliassi, sarei indifendibile. Il Milan è il Milan, il massimo in circolazione”.

Antonio Cassano. Per la cronaca, il signor Scassano. Perché rompe con tutti, non conosce i criteri, nessuno gli ricorda l’educazione e chi gli sta vicino pensa alla macchina da soldi che è. Il resto frega un tubo. Peccato, ma è il mondo che va così. Purtroppo. E c’è anche qualche giornalista compiacente che si fa quattro risate quando Antonio Cassano, alias il signor Scassano, va controcorrente e contro ogni logica. Atteggiamenti e comportamenti vietati ai minori ma anche ai maggiori di 18 anni. 
Il fatto che Stramaccioni abbia sminuito fa parte del gioco, avrebbe dovuto raccontare i dettagli? La “Gazzetta dello Sport” ha fatto molto bene e fino in fondo il lavoro che avrebbe dovuto. Ma ha ragione Strama quando sostiene che chi ha fatto la soffiata non vuole bene all’Inter. Sarebbe giusto smascherare in gran segreto la spia che si annida all’interno di uno spogliatoio considerato giustamente sacro. E dopo averla individuata, sarebbe anche il caso di consegnarli il foglio di via, biglietto di sola andata.
Intanto, il signor Scassano porta a casa un’altra prodezza. Diceva che Capello era un padre calcistico, infatti lo sorpresero – erano i tempi del Real – in un’imitazione di don Fabio. Goliardica quanto volete, ma senza la minima idea della parola rispetto. Sosteneva che a Riccardo Garrone doveva tutto: infatti, non lo ho onorato quando avrebbe dovuto. Salvo poi dichiarare, nelle ore successive alla scomparsa, che quello era “il giorno più brutto della vita”. Sarebbe bastato dimostrarglielo quando il numero uno della Samp lo aveva aiutato ad archiviare grandi solitudini e piccoli fallimenti. Ma Cassano diventa Scassano perché non conosce i minimi equilibri di una serena convivenza. Al Milan avrebbe dovuto dire grazie semplicemente perché lo aveva aiutato a vincere un’improvvisa malattia, assistendolo con amore e altruismo. Niente da fare, al momento del congedo il signor Galliani era diventato un diavolo, uno spergiuro, il più inaffidabile.
Certo, ci sarebbe da parlare dell’enorme classe che sprigiona quando va in campo e detta legge. Ma sono sincero quando dico che interessa poco. Prepariamoci ai prossimi momenti del signor Scassano: chiederà scusa, si pentirà, farà tre smorfie. E tra due mesi ne combinerà un’altra.
Ha tradito padrini e fratelli calcistici. Ha tradito come se fosse una regola. Il signor Scassano non si snatura a trent’anni. Al massimo rilancerà, molto presto su questi schermi. Cambiate canale.