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GATTUSO E LA BUONA GAVETTA, ORA LA TORRE PENDE SULLA B

13.06.2016 | 10:00

All’interno di un mondo in cui allenatori senza esperienza, se non a livello giovanile o comunque minore, vengono progressivamente catapultati alla guida di prime squadre blasonate, per poi scottarsi secondo previsione (non tutti hanno qualità e organici alla Guardiola o Zidane), c’è ancora chi con la buona gavetta riesce ad emergere, ottenendo i primi risultati significativi. Ogni riferimento al Milan non è affatto casuale: Cristian Brocchi l’ultimo “eletto” in ordine di tempo, futuro tutto da definire ma solo senza svolta societaria potrebbe conservare il posto; Pippo Inzaghi ustionatosi lo scorso anno e ora costretto a ripartire dalla Lega Pro, per quanto nell’ambiziosa Venezia, pur di rimettersi in discussione. Due anni fa invece era toccato a Clarence Seedorf: ottime potenzialità, carattere poco incline a compromessi: fra 17 giorni il club rossonero finirà di averlo a libro paga, sarebbe bello se qualcuno gli desse un’altra chance. Ma in quel mitico Diavolo, targato Ancelotti, c’era un altro uomo simbolo che portava le effigi dell’allenatore in campo, quel Gennaro Gattuso che dava istruzioni sul rettangolo verde quando c’era da tirare fuori tutto e ringhiava anche dalla panchina, allorquando veniva sostituito. Lo stesso Rino che ieri ha riconsegnato dopo 7 anni la Serie B al Pisa, società che a cavallo tra gli Anni 80 e 90 visse la sua epoca d’oro, in A con l’indimenticato Romeo Anconetani alla presidenza.

Nel pomeriggio dello Zaccheria, teatro della finale di ritorno, è successo di tutto: il tecnico dei nerazzurri, poi espulso assieme al collega del Foggia Roberto De Zerbi (altro neofita della panchina in rampa di lancio), è stato colpito da una bottiglietta mentre sostava nella sua area tecnica, con un gruppo di tifosi di casa che si è anche reso autore dell’invasione costata 13 minuti di sospensione. L’1-1 maturato nel convulso finale di gara, andatosi a sommare al 4-2 dell’andata, ha premiato i toscani, trascinati in questa cavalcata da un condottiero che nei mesi non ha fatto altro che proteggere la sua truppa, calamitando su di sé gran parte delle attenzioni (vedi l’autoespulsione del 17 aprile nel match contro il Pontedera, con relativo sfogo nel dopo partita) per lasciare tranquilla la squadra. E al primo vero tentativo Gattuso ha fatto centro: nella breve carriera da mister già può fregiarsi di un successo significativo come la promozione tra i cadetti via playoff della ex Serie C (dopo aver concluso la regular season al secondo posto del girone B, sopravanzato soltanto dalla Spal). “Il Foggia è più forte di noi, De Zerbi è un amico, pratica un calcio che in Lega Pro non si vede e per questo ho deciso di giocare a cinque per chiudere loro tutte le linee di passaggio. I disordini dentro e fuori dal campo? Se si parla di tifosi al limite può anche starci, conosco la passione delle piazze meridionali, a volte può degenerare. Ma che siano stati coinvolti anche alcuni giocatori del Foggia è inaccettabile, nel sottopassaggio i miei hanno preso 3 schiaffi e io devo tutelare la squadra. Non sono un santo, ho giocato 20 anni e certe cose so come funzionano. Non mi sento di condannare i tifosi, ma in generale per il clima creatosi avremmo dovuto tutti fare più attenzione. Il mio futuro? Io se non soffro non so andare avanti. La mia svolta personale è stata la parentesi in Grecia dove sono riuscito a fare 18 punti in sei mesi in una squadra che faticava a far mangiare i propri tesserati. Questa promozione col Pisa per me vale come la Champions, più della Coppa del Mondo. Ora bisogna sedersi ad un tavolo e discutere, nulla è scontato ma se resto io la rosa andrà solo migliorata e non smantellata”. In questo virgolettato è sintetizzato perfettamente Ringhio: umile, concreto, non per forza politically correct (quindi vero), entusiasta e determinato al punto giusto.

Parlando del Gattuso tecnico (4-3-3, 4-3-1-2, 4-2-3-1 i moduli più utilizzati, salvo sorprese come ieri), poc’anzi abbiamo parlato di “primo vero tentativo” semplicemente perché le precedenti esperienze erano state tutte o particolarmente brevi o assai tribolate. Un mese al Sion, nelle doppie vesti di allenatore-giocatore, nell’annata 2012-13 (la sua ultima da calciatore); a seguire la fugace parentesi di Palermo, in rosanero è durato 6 giornate di campionato (con Zamparini quasi la regola, piuttosto che l’eccezione) prima di lasciare spazio a Iachini. Quindi i sei mesi all’Ofi Creta, ai tempi della nerissima crisi economica greca del 2014, con Rino a rimetterci anche di tasca nel pagare alcune spese a carico della società ellenica. L’estate scorsa la svolta Pisa, coronata ieri pomeriggio con l’agognato traguardo.

Da calciatore, Ringhio Gattuso da Corigliano Calabro, che gli diede i natali il 9 gennaio del 1978, la storia l’ha scritta in modo indelebile, qui facciamo parlare solo i numeri: Perugia, Rangers Glasgow, Salernitana e Milan le squadre di cui ha difeso i colori, prima di chiudere in Svizzera. In rossonero un’ epopea lunga 13 anni per l’ex grintoso centrocampista con in bacheca 2 Champions League, 2 Supercoppe Uefa, 1 Mondiale per club, 2 scudetti, 2 Supercoppe italiane e 1 Coppa Italia; 586 le gare ufficiali a livello di club (17 i gol all’attivo), 73 le presenze in Nazionale maggiore impreziosite da 1 rete e, chiaramente, dalla Coppa del Mondo levata al cielo di Berlino nella magica notte del 9 luglio di dieci anni fa.

Da allenatore, il 38enne Gennaro Ivan Gattuso ha tutte le carte in regola – e il tempo – per scriverla, la storia. Ieri ha semplicemente messo un punto fermo alla fine della quarta pagina, sotto la Torre che adesso pende sulla B.

Foto: Twitter Pisa