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EMERY AL CUBO, MISTER EUROPA LEAGUE

19.05.2016 | 10:55

Prendete carta e penna: 14, 18, 27. Giorni di maggio che portano bene, benone, al Siviglia: terno secco sulla ruota di Nyon, la cittadina svizzera famosa per essere la sede dell’Uefa, massimo organismo del calcio continentale cui fa capo anche l’Europa League. Se poi volessimo puntare alla cinquina potremmo aggiungere anche il 3, numero corrispondente ai successi consecutivi degli andalusi nella ex Coppa Uefa, e il 5, quanti sono in totale i trionfi dei Nervionenses nella seconda competizione per club. Quasi superfluo sottolineare che in entrambi i casi si tratta di record, già detenuti e rafforzati grazie al 3-1 rifilato in finale al Liverpool in quel del St. Jakob-Park. Discorso che vale anche per José Antonio Reyes, il capitano (ieri sera non giocante) che ha levato al cielo di Basilea il trofeo, consolidando il primato di vittorie a livello individuale, 5 anche in questo caso: alle ultime 3 vanno aggiunte le 2 centrate con l’Atletico Madrid nel 2010 e nel 2012.

 

E in tema di record non possiamo proprio esimerci dal rendere omaggio al demiurgo Unai Emery, comune denominatore dell’impresa senza precedenti compiuta dai pentacampeones. Raggiunto in testa alla speciale classifica Giovanni Trapattoni, che le sue 3 vittorie in Coppa Uefa le aveva conquistate però in epoche diverse (con la Juve nel 1977 e 1993, alla guida dell’Inter nel 1991). Quindi Trap per un certo verso superato. Eguagliato invece Bob Paisley, che vinse senza soluzione di continuità tre allori europei al timone del Liverpool (Coppa Uefa nel 1976, Coppa dei Campioni nel 1977 e 1978). Inoltre, restringendo il campo al solo Siviglia, spodestato dagli annali Juande Ramos, che quando piazzò il bis nel biennio 2006-07, era la squadra dei Dani Alves, Luis Fabiano, Kanouté e del compianto Puerta, mai avrebbe potuto immaginare che qualcun altro avrebbe potuto fare meglio nella storia del club. Men che meno a strettissimo giro di posta. Invece Emery ci è riuscito in un battibaleno, calcisticamente parlando.

Anche stavolta gli eroi del Sanchez Pizjuan, in barba al misero 7° posto ottenuto nella Liga, agguantano quindi lo slot aggiuntivo per la Champions League, kermesse dalla quale quest’anno erano retrocessi dopo essere stati eliminati nel girone da Manchester City e Juventus, che mai finirà di rimpiangere il ko maturato in Andalusia costatole il primo posto e, conseguentemente, l’abbinamento col Bayern agli ottavi. Prima di sintetizzare le tappe che hanno contraddistinto la carriera del nostro personaggio del giorno, è il caso di spendere una ulteriore riflessione. L’Europa League è un torneo molto lungo e dispendioso (il giovedì è una mannaia), in cui entrano in gioco tantissime variabili. Oltre alle solite, quali infortuni, squalifiche e stati di forma, rivestono un ruolo importante caso e fortuna, che però possono essere determinanti in un’edizione. Ma, pur essendo indubbi i torti arbitrali subiti ieri dai Reds di Klopp nel primo tempo, quando vinci per ben tre volte di fila lo stesso trofeo allora si tratta di altro. Si parla di fattori differenti. Di progetto e mentalità, cura minuziosa dei dettagli, intuizioni geniali – come l’avanzamento del terzino Coke sulla linea dei tre alle spalle dell’unica punta – e altri elementi che contribuiscono a trasformare una squadra in una macchina perfetta, che macina risultati fino al traguardo finale. Lavoro sodo e 4-2-3-1 collaudato, questi i segreti del successo del 44enne Unai, abilissimo ogni estate a ricomporre il giocattolo a dispetto delle puntuali cessioni eccellenti, basti pensare ai vari Jesus Navas, Negredo, Medel, Kondogbia, Rakitic, Alberto Moreno, Aleix Vidal, Denis Suarez e Bacca, tutti volati via da Siviglia senza ripercussioni. Anche grazie alla certosina opera di un ds preparato come Monchi. Morto un papa, se ne fa un altro. E magari succede che il panchinaro della scorsa annata, Gameiro, non fa rimpiangere il colombiano Carlos (che si era trasferito al Milan per crescere ulteriormente…) e segna 29 gol in stagione. Il tecnico basco valorizza al massimo il capitale umano del quale dispone, qualità del gioco immutata a prescindere dagli interpreti: ecco la magia pallonara di Emery, il re di Coppe vanamente inseguito da un paio di italiane (Milan e Napoli) nelle precedenti sessioni estive.

 

Unai Emery nasce ad Hondarribia il 3 novembre 1971 e si forma nel vivaio della Real Sociedad, dove percorre la trafila – giovanili  e squadra B – fino al tardivo debutto in Liga nella stagione 1995-96. La sua esperienza nel massimo campionato si limita ad appena 5 presenze, condite da 1 rete, poi il centrocampista scende di categoria. E nelle serie minori si sviluppa tutta la sua carriera da giocatore: Toledo, Racing Ferrol, Leganés e Lorca. Proprio nel piccolo club della Murcia inizia (siamo nel 2005-06) la sua avventura da allenatore, due mesi dopo aver appeso le scarpe al chiodo. L’annata seguente il salto all’Almeria, con la quale conquista la storica promozione nella Liga e a seguire un ottimo 9° posto. Nel 2008 arriva la chiamata del Valencia, tenendo le cui redini in un quadriennio fa registrare tre terzi posti, sempre alle spalle di Barcellona Real Madrid, ben figurando anche in Europa. Nel 2012 cede al fascino dei rubli e vola allo Spartak Mosca, parentesi nefasta che termina già a novembre in seguito alla scoppola casalinga rimediata dalla Dinamo nel derby della città del Cremlino. Nel gennaio del 2013 torna in patria per rilevare l’esonerato Michel sulla panchina del Siviglia, il resto ve lo abbiamo già raccontato. Il suo futuro, con ogni probabilità, sarà sempre all’ombra del Pizjuan, nel pieno rispetto di un legame ormai simbiotico con l’ambiente. Fra qualche mese scatterà il nuovo assalto alla Supercoppa Uefa e sempre contro un’altra iberica (Atletico o Real), a suggellare il monopolio spagnolo nelle Coppe europee, ormai una costante nelle ultime tre stagioni. Ci sarà tempo e modo per pensarci: questo è il giorno di Emery al cubo, mister Europa League. E sul carro ormai non c’è più posto da tempo. (J.C.)

 

Foto: Bbc