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Dal calcio totale al disastro triennale: Olanda fuori anche dal Mondiale

10.10.2017 | 23:30

Sono passati 39 mesi da quel 9 luglio del 2014, quando gli errori di Vlaar e Sneijder dal dischetto, alla lotteria contro l’Argentina, fecero sfumare il sogno della seconda finale mondiale di fila. Tra giorni dopo, la magra consolazione della finalina, un netto 3-0 al Brasile padrone di casa devastato dal Mineirazo, leggasi 1-7 subito dalla Germania che si sarebbe poi laureata campione del mondo sulla pelle di Messi.  Ecco, a quelle notti carioca, con Van Gaal al timone, risalgono le ultime tracce visibili dell’Olanda nel calcio che conta. Poi, il disastro triennale, a partire dall’autunno del 2014. Niente Euro 2016, niente Mondiale 2018. Era nell’aria, stasera è arrivata l’ufficialità del secondo flop consecutivo: gli orange possono prenotare sin da ora le vacanze per il prossimo giugno, guarderanno alla tv anche la kermesse iridata. E dire che stiamo parlando di una scuola che come poche ha segnato in positivo la storia del pallone. Il riferimento è al mitico calcio totale, frutto del genio di Rinus Michels concretizzato in campo dai suoi seguaci capitanati da Johan Cruyff. Un ciclo che, al di là dei trionfi conseguiti da Ajax e Feyenoord in patria e in Europa, ne avrebbe meritati anche a livello di Nazionali. Invece arrivarono delusioni cocenti: le due finali mondiali perse nel 1974 e 1978, per mano rispettivamente di Germania Ovest e Argentina. Il beffardo tris arrivò molto più tardi, nel 2010, con la selezione di Van Marwijk sconfitta ai supplementari dalla Spagna, da don Andrés Iniesta. Nel mezzo si colloca temporalmente l’era dei tre tulipani del Milan, Marco Van Basten, Ruud Gullit, Frank Rijkaard. Sempre con il grande Michels, quell’Olanda portò a casa l’unico trofeo della sua storia: l’Europeo del 1988, vinto grazie al gol del secolo realizzato dal cigno di Utrecht in finale contro l’URSS di Lobanovskij. Oltre a quanto già ricordato, la rappresentativa dei Paesi Bassi aveva comunque spesso detto la sua nelle competizioni che contano, pensiamo ad esempio alle semifinali mondiali del 1998 ed a quelle di Euro 2000 (persa proprio contro l’Italia in casa ai rigori, match leggendario) ed Euro 2004.

Dopo l’8-0 rifilato dalla Svezia al Lussemburgo, stasera sarebbe servito più di un miracolo (un 7-0) per agguantare il secondo posto, ma è finita soltanto 2-0, gli scandinavi sono riusciti a limitare i danni inchinandosi per due volte a Robben, ultimo rappresentante della vecchia guardia che ha appena annunciato l’addio alla Nazionale. Non sono bastati i continui ribaltoni in panchina: Dick Advocaat non è riuscito a porre riparo ai disastri delle precedenti gestioni, targate Hiddink e Blind: il 70enne santone di Den Haag ne ha vinte quattro e ne ha persa – male – una, contro la Francia il 31 agosto. Poi è stato penalizzato dal regolamento. Di certo le responsabilità della mancata qualificazione non vanno attribuite a lui, bensì ad un ricambio generazionale nefasto, forse ancor più nefasto di quello che ha interessato l’Italia post 2006. Bassa qualità dell’organico nel suo complesso, non all’altezza delle rivali oltre che della tradizione. Nei settori giovanili olandesi, che ciclicamente avevano forgiato talenti a profusione, qualche ingranaggio si è inceppato. E l’allarme ormai suona forte da 3 anni.