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BUONGIORNO, MANCIO

14.11.2014 | 16:40

Doveva accadere, prima o poi. Il senso di un’insopportabile convivenza, quella tra Mazzarri e l’Inter, ha rappresentato molto presto la scorciatoia per Thohir. Quella voglia matta di tagliare il cordone ombelicale, il contratto, qualsiasi cosa. Ciao, Walter, io mi sono stufato: è come se avesse detto o pensato così l’indonesiano. Benvenuto nel calcio italiano: un esonero nel giorno della prima candelina da presidente ci sta tutto, siamo in tema. Nulla di nuovo, il sole è sempre lo stesso. Il sole? Va beh, mettiamola così. Stupiscono fino a un certo punto le modalità, l’Inter aveva appena provveduto al prolungamento. Non stupisce, anzi, che si scaraventino i soldi dalla finestra: un classico, da sempre. Esempio: se Thohir avesse deciso quello che effettivamente aveva stabilito la scorsa estate, ovvero aspettare novembre per valutare l’ipotesi rinnovo, non avrebbe lasciato sul piatto altri 6,5 milioni lordi. Ma l’istinto è più forte del bilancio e, chissà, di qualsiasi forma di fair-play finanziario. Ora chissà cosa diranno a Erick quelli che gli avevano chiesto lumi sui conti. Magari Erick saprà trovare le spiegazioni e gli argomenti giusti, impossibile oggi dire di più.

Buongiorno, Mancio. Che potesse toccare a te lo si era intuito da diverse parole, in libertà, che avevi speso per mandare messaggio all’indonesiano. Quel “mai dire mai” che sembrava così banale era un messaggio. Torni a casa, perché in fondo l’Inter è stata a casa tua, torni con motivazioni profonde. Soprattutto perché sai farti rispettare, dai presidenti che fanno il mercato. E sai farti amare, dai tifosi che ti invocavano da tempo. Il resto dovrai farlo secondo quella che è la tempistica che ti caratterizza. Tu sai che i tifosi nerazzurri non ne potevano più: il non gioco esasperava, gli alibi di Mazzarri di più. Tu sai a memoria che basterebbe poco per ridare credibilità: amala, rispettala, allena e lanciala, che sarai ricompensato. Ti ha voluto Thohir, soltanto Thohir, fino al 2017: guidalo tu come sai per fargli capire i più e i meno del calcio italiano, le cose da fare e quelle da non fare, le situazioni da gestire e quelle da procrastinare o evitare. L’entusiasmo che ti accoglie è la patente che ti spetta, all’Inter hai vinto e avrai voglia di vincere ancora. L’entusiasmo che ti accoglie è anche una liberazione perché qualsiasi sondaggio avrebbe inchiodato e condannato il tuo predecessore.

Mazzarri faccia mente locale: con la sua gavetta ha conquistato l’approdo massimo. E lo ha bucato. Mai aveva ingoiato la pillola di un esonero, in questo modo brucia. La meritocrazia che lo ha portato in cima l’hai poi respinto quando bisognava passare dalla teoria alla pratica. E dimostrare con i fatti di avere la targa giusta per un club così prestigioso. Nessuno potrà macchiargli il palmares fatto di salvezze ritenute impossibili e di prodezze anche europee. Ma quando bisognava lottare per vincere, costruire per vincere, attivarsi per vincere, il pettine è diventato pieno di nodi. Chi dice che l’Inter perde un ottimo allenatore, Mazzarri è sempre stato ben messo dal punto di vista mediatico, dovrebbe invece ricordare le incompiute, una dietro l’altra, che hanno caratterizzato l’era di Walter. Basta riflettere su altri aspetti o particolari: il fatto di non rendersi simpatico dopo una sconfitta, di trovare alibi uno dietro l’altro. Di piangere sempre: aveva chiesto Hernanes, gli hanno speso una tombola, eppure il Profeta stava finendo ai margini. E su Kovacic mille “se” e mille “ma” prima di sganciarlo, come se fosse un ingombro piuttosto che una gemma.

Buongiorno, Mancio: tu la ami e loro – quelli che hanno il nerazzurro nel cuore – ricambiano. E’ un giorno ricco di affetto, di intimità, di messaggi pieni di zucchero e miele. Per passare dalla teoria alla pratica c’è sempre tempo. Non molto, ma ce n’è. Contano di più le sensazioni che hanno una data: oggi, 14 novembre 2014, il popolo dell’Inter si sente risarcito. Un lungo incubo alle spalle, al risveglio il vecchio amico di sempre. Lo stesso che ha scritto un bel pezzo di Storia. E che non piangerà dopo una sconfitta, arrampicandosi sugli specchi. Semplicemente perché Mancio è abituato a vincere. Come minimo a provarci.