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Buffon: “Conte insegna calcio, ma a Ancelotti devo più di tutti. Ronaldo una scoperta”

13.10.2019 | 15:36

Di cose da raccontare, Gigi Buffon, ne ha più di una. Nella sua carriera ultraventennale ci sono stati scudetti e coppe del mondo, delusioni, legami. Il portiere 41enne, tornato quest’anno alla Juventus dopo una stagione al PSG, ha parlato a tutto tondo durante il Festival dello Sport: “Esordii in un Parma-Milan, eravamo in testa entrambi e l’idea di buttare dentro un portiere di appena diciassette anni, pensandoci, era stato quantomeno azzardata. In realtà, dopo la comunicazione, dormivo serenamente. Certo non potevo sentire un certo tipo di agitazione, ma finché avrei dovuto io gestire le cose per me non era un problema. Casomai avrei dovuto convincere gli altri. Poi finì 0-0. A Conte voglio un bene dell’anima: è stato compagno di squadra prima, poi il mio capitano, il mio allenatore alla Juve e anche in Nazionale. Conosco la persona e il professionista. Ha un grado di professionalità e correttezza nei confronti del gruppo e una capacità di insegnare calcio incredibili. Non dorme davvero la notte se la sua squadra non riesce a esprimere ciò che chiede. Capisco i tifosi bianconeri che ci rimangono male, ma bisogna partire dal presupposto che uno come Antonio va stimato perché per la Juventus ha dato tutto se stesso con la massima convinzione, ottenendo risultati. L’allenatore più duro è stato sicuramente lui. Il più simpatico Ulivieri, ma anche Allegri. Il più pignolo Sarri. Ancelotti è l’allenatore al quale devo di più: se Scala ebbe l’idea pazza di farmi esordire, Carlo la fece anche più grossa. Scalzai Bucci, amico e portiere della Nazionale, e dopo cinque o sei gare diventai il titolare di quella squadra. Un fardello sulle spalle, ma lì iniziò davvero la mia carriera. Dopo la rovesciata, chiesi a Cristiano Ronaldo quanti anni avesse e sorridendo rispose: «33. Non male, vero?». Pensai: «Guarda questo…». Poi però ho scoperto un ragazzo, Cristiano, veramente a modo. Interagisce con i compagni, dedichiamo minuti e minuti di dialogo per preparare delle cose. È stata davvero una piacevole scoperta. Jashin diceva sempre che se non sei tormentato dopo un errore, non puoi essere un gran portiere. Allora io penso di esserlo. La mia, in questo senso, è una brutta vita. Non sento di aver dato proprio tutto tutto, il 100%, insomma. Forse manca quel 15% che mi servirà proprio per il gran finale della mia carriera. Con Barzagli, Bonucci e Chiellini c’è un legame di fratellanza. Parlo sempre con tutti loro, è un sentimento viscerale. Con loro hai la sensazione che nulla è impossibile, ti imbatteresti in qualunque tipo di sfida. Il ritorno alla Juve è un cerchio che si chiude perfettamente con i compagni di una vita, seppure con un ruolo meno importante rispetto a prima“.

Foto: twitter Juventus