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Sarri: “A 15 anni la mia prima formazione, ma la passione nasce da Sacchi. Quando Insigne mi fece il verso…”

03.02.2017 | 21:35

Il tecnico del Napoli, Maurizio Sarri, ha rilasciato un’ampia intervista ai microfoni di Sky. Ecco i passaggi più significativi: “Quando allenavo nei dilettanti lavoravo quasi allo stesso modo di adesso. Ho avuto gruppi straordinari, professionali anche senza essere professionisti. Ho avuto invece anche giocatori professionisti poco professionali. Quando avevo 15 anni a Figline dimostrai già attitudine al comando? Era il campionato Allievi, io mi sentivo il più esperto della squadra. L’allenatore aveva litigato col club, ci siamo trovati a partire senza allenatore. Eravamo soli, quindi ho fatto salire la squadra in pullman ed abbiamo detto all’arbitro che c’era stato un incidente. Ho fatto la formazione ed abbiamo vinto 2-1, un episodio che ha dato soddisfazione anche all’allenatore che tornò ad allenarci. Erano i tempi di Eddy Merckx e Cassius Clay? Sì, io sono sempre stato malato di sport, di qualsiasi sport. Mi piace anche l’atletica, poi il ciclismo è una passione. A casa mia era pane e ciclismo con mio padre, mio nonno ed i miei zii che hanno fatto i corridori. Io accostato a Sacchi per gli inizi? Arrigo è uno che ha vinto tutto, si possono paragonare solo gli esordi nei dilettanti. Il paragone mi onora, io se faccio questo lavoro è perché mi sono innamorato del suo gioco e dei suoi metodi e glielo dico sempre. La passione nasce da lui, quindi essere paragonato a lui è una soddisfazione. Poi spero di riuscire a vincere qualcosa. Registravo il suo Milan, lo guardavo in VHS, poi rivedevo i movimenti difensivi. Mi piaceva il senso di ordine che aveva la sua squadra, rispetto alle altre. La retrocessione di quell’Arezzo? Una situazione strana. Ha avuto difficoltà Antonio Conte, poi io, poi è tornato lui e nonostante un discreto finale arrivò la retrocessione ma con i punti sul campo sarebbe arrivato decimo. C’erano i punti di penalizzazione. Quella squadra c’erano Ranocchia, Floro Flores, tecnicamente non poteva retrocedere. Da bambino ero tifoso del Napoli, ero convinto che fosse logico tifare per la città dove si è nati. Quando ero piccolo ero l’unico tifoso del Napoli a Firenze, ma vedevo anche la Fiorentina, dato che vivevo lì, sono le squadre della mia vita. Ritrovarmi ad allenare il Napoli è stato qualcosa d’emozionante, ho detto ‘allora è destino’. Il primo impatto con lo spogliatoio del Napoli? Erano silenziosi, era strano. Ho detto ‘fermi tutti, che sta succedendo’. Questo lavoro deve essere un divertimento. Mi dava la sensazione di un gruppo quasi triste. Poi piano piano ho visto quello che volevo. Quando becchi chi ti fa l’imitazione…penso a Insigne che ogni tanto urla come faccio io nell’allenamento. Urla come me, lo fa uguale, lì capisci che l’aria è cambiata. Dopo un paio di mesi mi sono accorto che c’era stima totale, anche se all’inizio non arrivavano i risultati. Quando ti danno fiducia nel momento in cui non vinci, significa che cominci ad incidere. Dopo la terza gara vincemmo 5-0 col Brugge e poi un altro 5-0 con la Lazio, da lì arrivarono risultati importanti. Le basi come gruppo si sono create nelle difficoltà. Com’è De Laurentiis? Solitamente molto sereno, è un presidente che ha momenti di incazzatura improvvisi, ma brevi. Dopo pochi minuti torna quello di prima. Nelle riunioni o nelle telefonate con me è sempre tranquillo e contenuto. Se sono stato accontentato sul mercato? Io non ho chiesto nulla, non sono un tecnico di questo tipo, ormai nessuno parla più di campo ma solo del mercato. Ci sono gli stadi vuoti, ma tutti parlano di mercato, significa che s’è persa di vista la realtà. Higuain ha bisogno di certe cose per rendere al meglio. Ho sempre detto che è il centravanti tipico più forte del mondo, gli chiedevo tanto in allenamento. Erano più rimproveri che elogi, ma pubblicamente lo elogiavo. L’abbandono è stato un momento brutto, mi potevo aspettare la Premier, non la Juve. Per un po’ non l’ho sentito e non volevo neanche sentirlo. Come un figlio che ti fa arrabbiare, lo sbraneresti per qualche giorno, ma resta un figlio. Rimprovero Insigne come un padre? E’ un ragazzo solare, si sta bene con lui, ha sempre il sorriso. A volte va ricondotto al giusto modo di comportarsi e pensare, ma è uno a cui ti affezioni. Da lui pretendo molto, ha talento, ma può fare di più. Dal Sansovino al Real Madrid in tuta? Sono luoghi comuni. Si valuta una persona da piccoli particolari, non dalla persona. Io metto la tuta perché faccio un lavoro da campo, mi sembra ridicolo andare sul campo col vestito da matrimonio. Poi se devo rappresentare la società metto la divisa sociale, in campo no. In questo il presidente non ha mai battuto ciglio. Ho fatto tutto a modo mio, qualcosa ho pagato perché le etichette si pagano, ma su tanti aspetti ho avuto ragione. C’è la soddisfazione di andare al Bernabeu contro la squadra forse più importante del mondo, io credo che saremo all’altezza, magari loro potranno avere qualcosa in più, ma in partita possiamo starci”.

Foto: Twitter Napoli