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JOEY BARTON, L’IRASCIBILE E IRRIVERENTE BAD BOY E’ TORNATO. E LA PREMIER LEAGUE TREMA…

15.01.2017 | 09:31

“Non dovrebbe mai stare in un campo di Premier League neanche con un biglietto. È la peggior immagine che si può dare allo sport…” . Con queste parole pronunciate durante la telecronaca di una match fra Manchester City e QPR del maggio 2012, Massimo Marianella, noto telecronista esperto di calcio inglese e persona generalmente pacata, descriveva il cattivo per antonomasia del calcio moderno, Joseph Anthony Barton, detto Joey, un calciatore al cui cospetto gente come Materazzi, Cassano o Balotelli, solo per citarne alcuni, farebbero la figura di devoti chierichetti in tunica bianca. Joey Barton è il giocatore più discusso e controverso della storia del calcio inglese. Arresti, risse in campo e fuori, sfilze di denunce per comportamenti violenti, il centrocampista nato a Liverpool nel 1982 è un personaggio irriverente, maleducato, sarcastico, violento, coerente, irritante, orgoglioso, eppure mai banale. Il calcio inglese pensava di essersi liberato di lui, ma all’età di 34 anni, Barton non ha alcuna intenzione di smettere: la Premier League trema, Joey Barton è tornato.
Il ritorno. Ieri pomeriggio, stadio “Turf Moor”, minuto 74 della sfida fra Bunley e Southampton, risultato fermo sullo 0-0: il manager dei ‘Claret’, Sean Dyche, decide che è il momento di giocarsi la carta Barton. Per il centrocampista inglese si tratta di un nuovo esordio in Premier dopo alcuni mesi di esilio ai Glasgow Rangers. Passano 5 minuti dal suo ingresso in campo e l’arbitro fischia una punizione dal limite a favore del Burnley: Barton sistema il pallone, un po’ di rincorsa, tiro secco rasoterra, gol. Il padre di tutti i bad boys è ancora vivo e vegeto e non ha alcuna intenzione di mollare.
La carriera (sportiva e criminale). D’altronde, se c’è qualcosa che Barton non sa proprio fare è mollare, non l’ha mai fatto, sin dai tempi delle giovanili. Inizia a tirare calci al pallone nell’accademy dell’Everton ma dopo appena 6 mesi il primo colpo di testa: si trasferisce dai rivali cittadini del Liverpool. Un anno con i Reds e poi un provino per il Nottingham Forest: “Troppo piccolo per giocare a calcio” gli rispondono. Ma Joey Barton non è tipo da arrendersi e nel 1997 passa nelle giovanili del City. Nel 2002 la prima opportunità di esordire fra i professionisti, durante una sfida contro il Middlesborough: l’avrebbe fatto se non avesse dimenticato la maglia da gioco al campo di allenamento. Il debutto arriva nell’aprile del 2003 contro il Bolton: da lì 153 presenze con i Citizens, 17 reti segnate e tanti cartellini rossi, ma anche i primi guai fuori dal campo. E’ il 19 dicembre del 2004, durante la cena di Natale del City, Barton ha un piccolo diverbio con un ragazzo dell’accademy, Jamie Tandy. Joey decide che il modo migliore per concludere l’alterco è spegnere una sigaretta sul viso del giovane Tandy. Un gesto che gli costerà  una multa di 60 mila sterline inflittagli dalla società e altre 65 mila per i danni fisici causati a Tandy. Ovviamente l’episodio non lo frena. L’anno successivo, durante la tournèe estiva dei Citizens, aggredisce un giovane tifoso thailandese dell’Everton. La nuova performance gli costa una multa di 120mila sterline e un biglietto di seconda classe per l’Inghilterra. Passano due anni e, nel marzo del 2007, viene denunciato da un tassista di Liverpool per aggressione aggravata. Ancora una grossa multa ed una segnalazione. Il suo carattere irascibile si manifesta, ovviamente, anche sul campo di gioco: colleziona cartellini rossi per entrate spezza gambe e reazioni violente. Nel 2007 passa al Newcastle per 8 milioni di sterline. Il 2007 è anche l’anno del primo arresto: aggredisce il compagno di squadra Ousmane Dabo causandogli il distaccamento della retina a suon di pugni. Viene condannato a 4 mesi di carcere e 200 ore di lavori socialmente utili. Si calmerà? Macché. Nel maggio del 2008 è protagonista di una rissa nel centro di Liverpool. Viene condannato a 6 mesi di reclusione e rilasciato dopo appena due mesi e mezzo per buona condotta. A Newcastle resta fino al 2011 giocando 84 partite. Nell’estate dello stesso anno si trasferisce al Queens Park Rangers, ma porta con sé il solito carattere bellicoso. Nell’ultima partita della Premier League 2011/2012 (quella della telecronaca di Marianella) perde completamente il controllo: viene espulso dopo aver aggredito prima Tevez poi Aguero. Punizione esemplare: si becca 12 giornate di squalifica. Viene mandato in esilio a Marsiglia, ma l’anno successivo torna al QPR. Quindi la prima parentesi con il Burnley e, nel 2016, dopo aver collezionato 40 presenze complessive con i Claret ed aver conquistato la promozione in Premier League, firma un biennale con i Glasgow Rangers. Nemmeno il tempo di ambientarsi che si rimette di nuovi nei guai: nel settembre dello scorso anno viene allontanato dall’allenamento dei Rangers dopo aver aggredito l’allenatore degli scozzesi, Mark Warburton. Torna a Glasgow solo due mesi più tardi per riprendere le sue cose e firmare la risoluzione del contratto. Ed eccolo qui, di nuovo in Premier con la maglia del Burnley.
Chi è davvero Joey Barton? Come si fa a capire cosa passi nelle testa di uno come Joey Barton. Una chiave di lettura la diede lui stesso nel 2014: “Per 32 anni ho cercato di capire chi ero e perché, e questo mi ha portato anche in carcere. Ho usato tanta di quest’energia oscura che mi porto dentro per fare di me stesso un calciatore, se fossi stato una persona equilibrata non sarei mai diventato un atleta di alto livello”, confessò. Una sorta di manifesto programmatico del “Bartonismo”, un modo di concepire il calcio e la vita come un’eterna lotta contro il mondo intero. Per molti un criminale prestato al calcio, per alcuni un idolo indiscusso: quel che è certo è che,ora che è tornato a casa, Joey Barton continuerà a far parlare di sé.

Foto: Daily Mail