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Comotto esclusivo: “Un futuro da ds, il mio modello è Corvino”

03.12.2016 | 17:36

Classe 1978, circa 500 presenze da professionista con 18 gol all’attivo. Ventidue anni trascorsi sui campi di calcio, su e giù per l’Italia, a lottare su ogni pallone con il temperamento che lo ha sempre contraddistinto. Gianluca Comotto lo scorso febbraio ha appeso le scarpe al chiodo, restando però sempre organico al Perugia nei nuovi panni di club manager. E nei giorni scorsi l’ex difensore ha ottenuto a Coverciano il diploma da ds, discutendo la tesi “Da capitano a direttore sportivo, una strada di passione“. Abbiamo intervistato Comotto in esclusiva per il nostro sito, tra presente e prospettive future.

Futuro dietro la scrivania e non in campo. Scelta definitiva o porte aperte ad altre soluzioni?

“Credo sia più opportuno prendere una strada in maniera decisa, io sento più mia quella della scrivania. Per me è come una linea di continuità, ero capitano al Torino a poco più di 20 anni, già allora evidentemente mi riconoscevano doti di leadership. Spesso venivo messo al corrente di situazioni particolari, a metà tra campo e società, fungevo un po’ da collante. E bene o male è stato sempre così. Così come nell’ultima fase della mia carriera da calciatore, a Perugia, avevo un ruolo sul campo ma davo anche una mano fuori. Ho una laurea, ho sempre avuto le idee chiare sul mio futuro. Ormai le società sono sempre più strutturate, ci sono tanti ruoli gestionali in cui specializzarsi ed io devo imparare ancora tanto, ma intendo muovermi sempre in ambito dirigenziale”.

C’è un ds al quale Comotto si ispira, un modello?

“Pantaleo Corvino. Mi portò lui a Firenze e ogni giorno, guardandolo, imparavo veramente tanto. Gestione della squadra ma anche della società, dai rapporti con la stampa a quelli con lo staff medico, gli vedevo fare tutto e bene. La figura del diesse è in costante evoluzione, forse oggi l’aspetto relativo al mercato chiama in causa non oltre il 20%, il resto è gestionale. Così come è cambiato, quasi di pari passo, anche il modo di fare dei presidenti, sempre più operativi”.

Il suo Perugia è tra le squadre più convincenti della B, quanto si può alzare l’asticella degli obiettivi?

“Al momento il campionato è molto livellato, ma ancora secondo me non sono stati espressi i valori massimali, ci sono ancora 2-3 squadre un po’ nascoste e che poi usciranno fuori. Il Perugia è un club ambizioso, ma bisogna restare con i piedi per terra, l’obiettivo resta il raggiungimento dei playoff. All’inizio ricevevamo tanti complimenti ma facevamo pochi punti, poi con il lavoro di mister Bucchi e dello staff tutto abbiamo trovato un buon equilibrio. Siamo reduci dalla trasferta di Marassi in Coppa Italia, contro il Genoa abbiamo risposto colpo su colpo. I ragazzi stanno acquisendo fiducia, se la giocano sempre, è questo l’atteggiamento giusto per pensare ancora più in grande, per pensare alla Serie A”.

Un giocatore del Perugia che può approdare in tempi brevi in Serie A?

“In organico abbiamo diversi giovani interessanti, ma direi Mancini e Drolé, rispettivamente classe ’96 e ’97”.

Chiudiamo con il suo ex Torino: dove può arrivare? Chi è l’ha stupita di più sin qui?

“Seguo il Torino con particolare attenzione e affetto. Nella tesi, parlando di me come capitano, ho parlato molto del Toro che mi ha fomato anche a livello di carattere e personalità. Sicuramente i granata devono ambire ad andare in Europa. La società l’anno scorso ha fatto un lavoro importante, scommettendo su una base di giovani italiani di talento. Quest’anno sul mercato ha completato l’opera e adesso sta raccogliendo meritatamente i frutti. Dopodiché, quanto ai singoli, in tanti stanno facendo bene ma metto l’accento sull’allenatore e dico Mihajlovic. L’ho avuto a Firenze, è un combattente, incarna appieno lo spirito del Toro, una scelta azzeccatissima”.

Jody Colletti

Foto: zimbio